Se il naturismo per alcuni è una filosofia di vita, per molti altri è semplicemente starsene in spiaggia al mare o al lago completamente nudi a prendere il sole o a fare il bagno.
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In Italia, però, il naturismo non è regolamentato; manca una legge nazionale e solo sei regioni su venti hanno approvato una propria disciplina (Emilia- Romagna, Abruzzo, Veneto, Piemonte, Lombardia, e Sardegna). Questo comporta che nella situazione attuale, a fronte di ottomila chilometri di coste marine, più quelle dei circa millecinquecento laghi, sia possibile praticare il naturismo su una quindicina di spiagge autorizzate, per un totale di chilometri che probabilmente non arriva a dieci.
Al di fuori di esse, chi pratichi naturismo potrebbe incontrare dei problemi, perché la mancanza di una regolamentazione porta ancora a ritenere questa attività tra quelle contrarie alla pubblica decenza (art. 726 c.p.), nonostante il naturismo abbia una lunga tradizione, centinaia di associazioni che se ne occupano nel mondo, anche a livello internazionale, e un impatto non irrilevante sull’economia e sul turismo, che paesi con la stessa vocazione turistica dell’Italia (la Francia tra i più vicini) hanno valorizzato e reso redditizio.
Come avevo approfondito in questo articolo, fino a pochi anni fa gli atti contrari alla pubblica decenza costituivano un reato blando, ma una legge del 2016 li ha depenalizzati generando un paradosso. Infatti, come illeciti amministrativi sono puniti con l’esorbitante sanzione pecuniaria compresa tra 5 e 10 mila euro, mentre quando erano reato venivano puniti con un’ammenda (da 10 a 206 euro) e il reato si estingueva pagando un’oblazione di 103 euro, oltre a esserci la possibilità abbastanza frequente di essere assolti perché, date le concrete condizioni di luogo e di tempo, il fatto poteva non costituire reato.
Pertanto, coloro che dal 2016 hanno praticato il naturismo in qualunque spiaggia italiana al di fuori di quelle ‘autorizzate’ si sono esposti al rischio di essere multati o sono stati effettivamente multati per molte migliaia di euro.
La buona notizia è che la sentenza 14 aprile 2022, n. 95 della Corte costituzionale ha ritenuto irragionevole l’importo della sanzione amministrativa stabilita dal legislatore nel 2016, essendo del tutto sproporzionato rispetto al limitato disvalore della condotta; inoltre ha ritenuto che una cifra così ingente sia ingiusta se messa a confronto con il minore importo stabilito per altri illeciti amministrativi ben più gravi. Per questo la norma è stata dichiarata parzialmente incostituzionale, riducendo la sanzione amministrativa da 51 a 309 euro, pari a quella per cui si può essere sanzionati se si commettono atti osceni colposi (art. 527, terzo comma, cod. pen.).
Quindi, a seguito della sentenza della Corte costituzionale, i naturisti in Italia corrono ora il rischio di essere multati per 51 euro a fronte dei precedenti 5 mila. In attesa della regolamentazione da parte dei legislatori nazionale e regionale, la riduzione di cento volte della sanzione consente di uscire dalla percezione che il passaggio dal reato all’illecito amministrativo avesse determinato, per il naturismo, una nuova situazione di repressione affidata alle forze dell’ordine, per mezzo di una sanzione capace di mandare sul lastrico gran parte degli italiani.
A margine, va aggiunto che la sentenza vale per tutti gli atti che sono considerati contrari alla pubblica decenza e non solo per il naturismo di cui si è occupato questo articolo. Inoltre, la dichiarazione di incostituzionalità produce un effetto positivo per tutti coloro che sono stati multati e non hanno ancora pagato, purché non siano scaduti i termini per farlo, o che hanno fatto ricorso. Per le vicende già concluse, invece, non c’è possibilità di recuperare le maggiori somme pagate.
Antonio Rotelli
Avvocato giurista e attivista LGBTQIA+
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