Lunedì mattina, il primo ministro britannico Rishi Sunak si dev’essere svegliato con il piede sbagliato. Con un atteggiamento che si addice più a un cittadino medio che sproloquia al pub, che non a un leader nazionale con in mano le redini del Regno Unito, ha scelto di esternare il proprio malcontento su Facebook ed esprimere pubblicamente e in modo sorprendentemente diretto la sua posizione sulla comunità T.
“Un uomo è un uomo, e una donna è una donna. È buon senso“. Un classicone, nonchè fallacia logica dell’argomentazione transfobica, che semplifica un concetto complesso come quello dell’identità di genere e strumentalizza la semantica per far apparire scemǝ coloro che non sono d’accordo.
Sconcerto, amarezza e rabbia da parte dellǝ attivistǝ, naturalmente. Ma se questa posizione può sembrare un delirio momentaneo del primo ministro ultraconservatore – peraltro del tutto spontaneo e fuori contesto – è importante invece considerarla nell’ambito di un’asse politico più ampio.
Recentemente, un articolo di Repubblica ha infatti esplorato l’alleanza e la grande amicizia tra Sunak e la nostra premier Giorgia Meloni, focalizzata su questioni come la migrazione, la Brexit e le politiche di difesa.
Tuttavia, è anche la questione dei diritti LGBTQIA+ a rappresentare un terreno particolarmente spinoso. L’inaspettata dichiarazione di Sunak, che rispecchia una retorica in netta contrapposizione con i principi di inclusività e accettazione, suggerisce un allineamento ideologico in espansione, che va ben oltre le politiche migratorie e di sicurezza, toccando le fondamenta stesse dei diritti umani e della dignità individuale.
La persistente transfobia di Rishi Sunak
La recente uscita di Sunak, pur essendo stata sorprendente per la sua spontaneità e chiarezza, non rappresenta un caso isolato nel suo track record politico. Al contrario, essa segna l’ultimo episodio in una serie di atteggiamenti e dichiarazioni che rivelano una persistente tendenza transfobica.
Già nell’ottobre 2022, durante la Conferenza del Partito Conservatore, il primo ministro britannico aveva espresso un sentimento simile, sostenendo che il pubblico veniva “costretto a schierarsi con le persone trans“.
In un episodio precedente, a giugno, Sunak era stato filmato di nascosto mentre si prendeva gioco della comunità T, in una clip condivisa con il quotidiano LGBTQIA+ Britannico PinkNews.
Anche nel corso delle campagne di leadership dell’agosto 2022, Sunak, insieme all’ex primo ministro Liz Truss, aveva negato subdolamente che le donne trans fossero donne.
Queste affermazioni, così come la recente dichiarazione su Facebook, rivelano un modello di pensiero che non solo svaluta l’identità delle persone trans, ma sembra avere l’obbiettivo finale di eroderne la legittimità e i diritti legali e sociali.
Il quadro che emerge è quindi quello di un leader politico il cui atteggiamento ostile verso la comunità trans – e, più ampiamente, verso qualsiasi minoranza – non è soltanto occasionale, ma piuttosto un elemento ricorrente e preoccupante del suo modo di fare politica. E non solo nel suo.
Teniamo infatti sempre in considerazione l’alleanza della nostra premier – che sembra apprezzare chi appartiene a minoranze solo quando assumono una posizione di potere che permette loro di avere atteggiamenti classisti verso altre minoranze – con figure come Rishi Sunak e Viktor Orban, figure emblematiche dell’ascesa dei movimenti conservatori nel blocco europeo.
Un asse che sembra avere un’inclinazione fondante verso politiche e retoriche escludenti, che rischiano di compromettere non solo i diritti delle minoranze – classico capro espiatorio per nascondere eventuali inadeguatezze nella gestione delle crisi –, ma anche i principi di uguaglianza e inclusività che dovrebbero essere al centro di ogni stato democratico degno di questo nome.
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