Appello shock di un ragazzo georgiano: “Sono gay e vogliono uccidermi”

Il disperato appello di un attivista georgiano, costretto a scappare dal suo paese per non essere ucciso, com'è successo al suo compagno. Dopo il corteo contro l'omofobia di Tblisi, è caccia ai gay.

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Nel corso di un meeting di formazione sui temi lgbt organizzato da un’associazione ucraina nell’ambito del progetto “Youth in Action” alcuni degli attivisti presenti si sono fatti portavoce della sconvolgente storia di un ragazzo georgiano, Sergio, di 23 anni, la cui vita è letteralmente in pericolo per il semplice fatto che è gay. La sua, in realtà, è solo una delle tante storie che vivono le persone lgbt in Georgia dove chi viene identificato come gay viene sistematicamente picchiato, pedinato, aggredito e anche ucciso da gruppi di persone sostenute dalla chiesa ortodossa locale. E’ quello che è successo al compagno di Sergio, barbaramente ammazzato da un gruppo di violenti omofobi.
Riportiamo di seguito la lettera che Sergio ha mandato agli altri attivisti con la preghiera di diffondere le notizie sul suo paese dal quale lui, al momento, è stato costretto a scappare dopo che anche i suoi fratelli avevano deciso di ucciderlo. Qui di seguito, intanto, uno dei video che testimoniano le violenze durante il corteo contro l’omofobia di Tblisi dello scorso maggio.

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“Ciao a tutti,
Mi chiamo Sergio, ho 23 anni e vengo dalla Georgia. Mi trovo in una situazione difficile e pericolosa dovuta al fatto che nel mio Paese le persone LGBT sono perseguitate e talvolta addirittura uccise dalla gente e dalla Chiesa Ortodossa.

Tutto inizia dalla manifestazione di Tblisi

Giorno 17 Maggio si è svolta nella nostra capitale Tbilisi una dimostrazione contro l’omofobia organizzata dall’organizzazione locale “Identoba” della quale faccio parte. Più di 40.000 persone, fomentate e guidate dalla Chiesa Ortodossa, hanno assaltato e picchiato i manifestanti e non gli hanno dato nemmeno la possibilità di raggiungere il luogo della manifestazione. (Su youtube potete trovare molti video sulle azioni violente del 17 maggio 2013). Da quel giorno, gruppi di persone vanno nelle strade alla ricerca di persone gay e coppie dello stesso sesso solo per picchiarli.

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Nei giorni successivi sono stato picchiato diverse volte da gente sconosciuta peril fatto di essere gay. Questa gente mi ha rubato la carta d’identità dove c’erano tutte le informazioni su di me. Ero completamente ricoperto di sangue sul volto e sui vestiti. Ho subito fermato un auto della polizia e ho detto loro di essere stato picchiato selvaggiamente perché gay. Loro mi hanno fissato, mi hanno riso in faccia e sono andati via senza degnarsi di aiutarmi. La settimana successiva le stesse persone che mi hanno picchiato dopo la manifestazione erano davanti casa mia e mi hanno massacrato di nuovo. Sono andato al commissariato di polizia e quando l’ufficiale mi ha chiesto perché ero stato pestato ho detto che la ragione era perché ero gay e lui mi ha risposto: “tu sei un frocio!”, io ho detto: “no, sono gay” ma lui di nuovo:“no, sei solo un frocio!” Il giorno successivo quest’ufficiale della polizia ha contattato la mia famiglia rivelandogli il mio orientamento sessuale e da quel giorno i miei fratelli hanno iniziato a picchiarmi ogni giorno. Non avevo detto nulla alla mia famiglia perché sapevo che non mi avrebbe supportato in nessun modo.

Un mese dopo, quando i miei fratelli (che sono pregiudicati) hanno compreso che realmente fossi gay hanno cercato sul serio di uccidermi ed io sono dovuto scappare da casa e rifugiarmi in un centro di accoglienza. Mio fratello mi ha detto: “decidi tu dove vuoi essere sparato: in testa o sul petto”. Loro anche adesso continuano a cercarmi per uccidermi. Ricevo minacce al telefono e anche su facebook ogni giorno.

La morte del ragazzo di Sergio
Il mio ragazzo, con quale avevo una relazione da diversi mesi, è stato selvaggiamente picchiato e ucciso.

Il 06 Agosto scorso quella gente che mi aveva picchiato diverse volte mi ha rapito dal Centro dove ero stato accolto, mi ha portato in un posto isolato della città e mi ha pestato così selvaggiamente che ho ancora adesso un ematoma nel cervello e sono stato ricoverato una settimana in ospedale. Sono già quattro mesi che ricevo minacce sui social networks dove mi scrivono che mi continueranno a picchiare a meno che io non decida di suicidarmi.

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La fuga in Ucraina e l’appello
Giorno 27 Settembre sono andato in Ucraina per un corso di formazione contro le discriminazioni verso le persone LGBT e i miei amici mi hanno informato che i miei fratelli sono venuti a sapere dove mi trovavo e così è troppo pericoloso per me tornare in Georgia e quindi ho deciso di fermarmi qui in Ucraina. Cisono molti altri dettagli che non racconto ma penso adesso voi sappiate un pocoquale sia la situazione nel mio Paese. La situazione è davvero critica e lanostra comunità LGBT è in serio pericolo.

La polizia in Georgia non fa niente! Non fanno indagini, non proteggono in nessun modo le vittime di reati del genere. Non esiste in questo momento nessuna agenzia o organizzazione nel mio Paese che in questo momento può assicurarmi protezione. Neanche nessuno della mia famiglia o tra i miei amici.

Ho bisogno di un aiuto internazionale, asilo politico o qualsiasi altro tipo di supporto. Per favore, se conoscete un modo per aiutarmi contattatemi. Per favore, fate attenzione nell’utilizzo di queste informazioni, soprattutto con i miei dati personali, il luogo dove sto adesso e i miei contatti.

C’è una violazione continua e costante dei diritti umani in Georgia ed è urgente un’azione internazionale contro questa situazione.”

Grazie alla testimonianza di Sergio, dal meeting ucraino è nata una rete di solidarietà su iniziativa di Arcigay Palermo in collaborazione con associazioni ucraine, portoghesi e spagnole. La rete si sta occupando di trovare una casa sicura e un sostentamento per l’attivista fuggito dal suo paese. L’idea è quella di creare iniziative a supporto della comunità lgbt georgiana.

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