Papa Francesco ha sentito la necessità di replicare alle accuse e alle critiche piovute dalla stragrande maggioranza della civiltà laica in seguito alla sue dichiarazioni in Georgia, nelle quali paragona la “teoria gender” ad una colonizzazione ideologica da conflitto mondiale (LEGGI >). Avrà voluto rispondere per debolezza, immaginiamo, o perché l’entourage del Vaticano deve averlo avvertito della pericolosità che tali affermazioni avrebbero continuato a provocare: il Papa di oggi deve essere clemente e accogliente, progressista e lungimirante, è questa l’immagine mediatica scelta per il rappresentante della chiesa di Cristo nel 2016, avranno chiosato.
E allora Francesco, il pontefice mediatico del nuovo millennio, cosa fa? Ostenta tutto il suo savoir faire ai microfoni del Corriere della Sera, non facendo altro che peggiorare il danno già ingente: “Nella mia vita di sacerdote, di vescovo e anche di Papa io ho accompagnato persone con tendenze e anche pratiche omosessuali, li ho avvicinati al Signore e mai li ho abbandonati. Le persone si devono accompagnare come fa Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriva davanti a Gesù, Lui sicuramente non dirà: vattene via perché sei omosessuale“, spiega. Nell’ottica del Pontefice non siamo altro che carne malata, che come tale la chiesa necessariamente accoglie, con quel misto di gioia e pena che si confà all’untore presso il capezzale.
Sì, gli omosessuali vanno accolti, spiega Francesco, non è colpa loro se sono malati. Il vero problema è il “gender”: “Io ho parlato di quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria gender. Un papà francese mi raccontava del figlio di dieci anni, alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande’ ha risposto: la ragazza! Il padre si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria gender, e questo è contro le cose naturali“. Sembra che Francesco dipinga l’orientamento di genere come un’aspirazione lavorativa: voglio fare l’avvocato, voglio fare la ragazza. Ma questa peccaminosa aspirazione esula dalle ‘cose naturali’. E quali sarebbero, Francesco, le ‘cose naturali’? Cosa sarebbe la ‘teoria del gender’ che si cela pronta all’agguato tra le pagine dei libri di scuola? Non è forse lo smantellamento dei ruoli maschile e femminile, imposti proprio dalla chiesa e funzionali al mantenimento dello status quo? Gli studi di genere non portano forse alla luce “le vite sommerse, i diritti negati, le storie che il mondo non ha raccontato” proprio per via dell’imbavagliamento della cattolicesimo (LEGGI >)? Non ce lo ha ancora spiegato.
“L’anno scorso ho ricevuto la lettera di uno spagnolo che mi raccontava la sua storia da bambino e da ragazzo. Era una bambina e una ragazza, e ha sofferto tanto perché lui si sentiva un ragazzo ma era fisicamente una ragazza. Ha raccontato alla mamma che avrebbe voluto operarsi e lei gli ha chiesto di non farlo finché era viva. Era anziana, è morta, si è fatto l’intervento. È andato dal vescovo che lo ha accompagnato tanto, era un bravo vescovo. Poi ha cambiato la sua identità civile, si è sposato e mi ha scritto che per lui sarebbe stata una consolazione venire da me con la sua sposa. Lui che era lei ma è lui. Li ho ricevuti, erano contenti. Nel quartiere dove abitava c’era un sacerdote nuovo che appena lo vedeva lo sgridava: ‘Andrai all’inferno!’. Il vecchio sacerdote ottantenne invece gli diceva: ‘Da quant’è che non ti confessi? Vieni e potrai fare la comunione’. Capito? La vita è vita, le cose si devono prendere come vengono. Il peccato è peccato, ci sono le tendenze, gli squilibri ormonali, esistono tanti problemi e dobbiamo essere attenti a non dire ‘è tutto lo stesso, facciamo festa’. Ma ogni caso bisogna accoglierlo, accompagnarlo, discernerlo e integrarlo. È un problema di morale, umano, e si deve risolvere come si può, sempre con la misericordia di Dio, con la verità ma sempre col cuore aperto“, conclude.
Il racconto di Francesco assume i connotati di una parabola contemporanea: il sacerdote vecchio saggio e accogliente, quello nuovo chiuso e poco misericordioso. Al centro: il malato, lo squilibrato ormonale, il “lui che era lei ma è lui” che assurge alla pecora smarrita da ricondurre all’ovile. Ancora una volta la questione diventa didascalica.
Ma stavolta non ci caschiamo più, Francesco: la pezza a volte è peggio del buco.
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Su Repubblica la domanda era: Lei cosa direbbe a chi non si sente raprresentato dal proprio genere? La risposta avrebbe dovuto riguardare le persone transessuali giusto? Invece ha parlato degli omosessuali. Possibile che 2016 si faccia ancora confusione tra identità di genere e orientamento? E il giornalista non lo ha neanche corretto.