Il Consiglio di Stato ha detto la parola fine sulla vicenda del poliziotto di Roma destituito dopo che i colleghi trovarono sul suo computer alcune chattate sui siti di incontri gay.
La vicenda, che risale al 2004, ha come protagonista E.D.C., un agente della Polizia di Stato in servizio a Roma che aveva sporto denuncia dopo essere stato aggredito da due ragazzi invitati nel suo appartamento. I colleghi intervenuti, però, dopo aver visionato il computer dell’aggredito avevano scoperto che il poliziotto aveva frequentato alcuni siti di incontri gay nei quali si diceva disponibile ad indossare la divisa durante gli incontri di sesso.
Da quel momento le indagini presero una piega totalmente diversa e l’accusatore diventò l’accusato. Il capo della polizia aprì infatti un procedimento disciplinare contro di lui per aver violato l’onore della divisa ed essere venuto meno ai doveri del corpo di appartenenza. Parallelamente l’agente venne accusato di aver simulato l’aggressione scatenata, secondo i superiori, da un gioco erotico finito male.
Un’accusa dalla quale E.D.C. fu assolto sia in primo che in secondo grado, ma che non riuscì a fermare il provvedimento disciplinare che nel frattempo si era concluso con la sua destituzione da tutti gli incarichi. Contro il licenziamento gli avvocati ricorsero al Tar per "disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, sproporzionalità tra infrazione e sanzione", e poi al Consiglio di Stato che ha detto l’ultima parola sulla vicenda ravvisando da parte del poliziotto "un grave comportamento contrastante con i doveri assunti con il giuramento".
"Non può essere certamente connotato di tenuità – si legge nella sentenza – il comportamento di un agente di polizia istituzionalmente preposto alla tutela dell’ordine, che come nella specie, in contrasto con i doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento, sia rimasto coinvolto in fatti come quelli sopra menzionati"
Gli aggressori, nel frattempo, non sono mai stati trovati.
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