Sono una donna di 42 anni che una decina di fa si è accorta di essere attratta dalle donne. Ma è da qualche mese che faccio sogni assurdi su un mio collega col quale lavoro ogni giorno a stretto contatto e col quale c’è anche un bel rapporto di amicizia. Lui sa di me, a volte ci divertiamo a stuzzicarci e prenderci in giro maliziosamente. Nei miei sogni ho letteralmente rapporti sessuali con lui e quando lo vedo a lavoro non riesco a guardarlo. Mi fa sentire strana questa cosa e non capisco che mi prende. Che significa?
Belle le definizioni, finché non decidono al posto nostro.
Ci siamo abituatə a ragionare così perché è comodo: una volta deciso che sei lesbica, gay, bisessuale, transgender, o qualunque altra lettera della sigla scegli per definirti, hai una risposta chiara e limpida su chi sei. Te lo incolli in fronte e rivendichi anche a gran voce contro chiunque osa metterlo in discussione. Nessun3 può contraddire chi sei, fin quando a contraddirti sei proprio tu.
Viviamo le contraddizioni come l’ultimo fallimento e misuriamo le nostre identità con il contagocce: se mi piacciono gli uomini ma anche le donne non sono abbastanza gay? Se vado più con le donne che con gli uomini non sono abbastanza bi? Se la mia espressione di genere non è pienamente conforme a come mi sento non sono abbastanza trans*? Posso aggiudicarmi il patentino per essere idoneo al mondo queer?
In verità, non hai nemmeno specificato come e se ti definisci, ma questi sogni possono significare tutto e niente: potrebbero essere riflesso di qualcosa che non ha niente a che vedere con l’attrazione sessuale (e per quello c’è lə psicoterapeuta) oppure effettivamente ti piacerebbe solo scop*are col tuo collega. Qualunque sia la risposta, ai tuoi sogni non gliene frega proprio niente di quello che ti piaceva ieri: mettono in discussione ogni certezza, scombinano le carte in tavola, e ti portano dove pare a loro.
“Siamo molto più di un’etichetta” è una frase così abusata oggigiorno che come tutte le frasi prodotte col generatore automatico sembra non significare più niente. Però, non so come dirlo, effettivamente siamo molto di più di un’etichetta: i termini ci collocano dentro uno spazio dove sentirci reali e offrono parole per spiegarci al mondo, ma quando limitano la nostra complessità diventano nuove gabbie, altri canoni a cui attenerci nel disperato tentativo di sentirci validə.
Crescere significa anche sentirsi stran3, e le nostre identità come le parole sono dinamiche, in costante mutamento e crescita. Cambiamo taglio di capelli, outfit, pose, fidanzatə, lavori, e case. Non si tratta di rinnegare tutto quello che siamo stati, ma di aggiungere nuovi tasselli senza fossilizzarci in una forma fatta e finita: potresti accorgerti di essere attratta anche dagli uomini, oppure solo nello specifico dal tuo collega perché forse lui, in quanto lui, smuove qualcosa in te che non sai decifrarti.
Qualunque sarà la risposta, sappi che non c’è n’è solo una e nulla è perduto.
Non avere fretta di collocarti in un’unica forma, ma lasciati andare dove ti pare: mettere in discussione la tua sessualità non significa smontarla, ma accorgersi che è solo più stratificata, complessa e in movimento di quanto credevi.
Goditi questi sogni, e se vuoi prova a farli diventare realtà: non sei un impostore, ma solo una persona che non smette di esplorarsi e sorprendersi di nuovo.
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(Ironia) Signora,
secondo me per lei non c’è speranza. Dobbiamo amputarle la gamba. Papa Francesco dirà che anche la gamba imputata è figlia di Dio, e anche l’amputazione come di consueto.