Ho una relazione che va avanti da quasi 2 anni. Ho 31 anni e il mio ragazzo ne ha 37 e questa è la mia prima relazione degna di chiamarsi tale. Dopo un periodo di “honeymoon” durato qualche mese ho cominciato ad avvertire un non interesse al sesso da parte sua – e (avendo una relazione a distanza) anche una avversione crescente alla convivenza dopo un suo entusiasmo iniziale all’idea.
A quasi due anni e dopo aver provato a vivere nella sua stessa città, sono arrivata altri problemi: impossibilità di organizzare giorni di riposo insieme, subito si infastidisce se chiedo di andare insieme da qualche parte durante un weekend e ogni tipo di piani per il futuro.
Mi ha detto spesso che si impegnerà per lasciarsi andare e proverà a concedersi di più nel sesso e che vuole cambiare questa sua mentalità troppo focalizzata sul qui ed ora perché che ha troppa paura del futuro.
Ma mi ritrovo ancora qui frustrato con nessuna delle cose promesse messe effettivamente in atto e mi chiedo, quanta pazienza ci vuole in una relazione? Se non sono più felice e sento che l’amore sta svanendo è il caso di parlargliene? (Mattia, Abruzzo)
Stare con qualcuno è un incastro che non trova una soluzione universale.
Ogni coppia risponde ad linguaggio che solo le persone coinvolte possono comprendere, seguendo una danza che non può seguire una coreografia prestabilita. Ma se durante questa danza uno dei due non riesce più andare al ritmo dell’altro, è il caso di alzare la mano.
Ma la dura verità è che anche in due anni di relazione non è sempre detto che i nostri mondi vadano allo stesso passo. Ogni essere umano porta con sé un bagaglio di paure, incertezze, e dubbi che nel corso del tempo potrebbero non riuscire a dialogare tra loro.
Se Marguerite de Navarre scriveva: “È meglio parlare o morire?” a volte la risposta è meno immediata di quanto crediamo.
Le parole possono aprire porte o distruggerle. Possiamo utilizzarle come armi o indicazioni per capire dove andare. Avere paura di non utilizzare le parole giuste, di rompere ponti invece di costruirli, e rischiare di farci male a vicenda è reale e comprensibile.
Ma le parole sono anche l’unico mezzo che abbiamo per avvicinarci all’altro, trovare una connessione, e renderci conto che la realtà fa molto meno paura di come ce la immaginavamo.
Mettersi a nudo può essere terrificante, ma la vulnerabilità ha un potere d’incontro enorme: raccontagli come stai, come ti senti, senza riversarglielo contro, senza accuse o diti puntati, ma semplicemente condividendo quello che porti dentro. Racconta cosa ti rende forte e cosa ti rende debole, e come vuoi trovare una soluzione che non ferisca nessuno dei due. Perché questa danza va fatta insieme e nessuno può restare indietro.
Non esiste una soluzione giusta o sbagliata, ma è importante che l’altro sappia ascoltarti, accoglierti, e mettere le proprie paure sul tavolo affianco le tue, per capire come non alimentarle ma prendervene cura a vicenda.
A volte crediamo che l’amore sta svanendo, ma altre volte sta solo facendo una retromarcia per cambiare percorso, e noi abbiamo solo bisogno di essere ascoltati.
Se così non fosse cerca anche di ricordare che siete entrambi esseri umani fallibili, che forse non riuscirete subito o sempre ad incontrare esattamente i bisogni dell’altro, perché venirsi incontro richiede un lavoro quotidiano, a volte più sfiancante di quanto vorremmo.
Forse non raggiungerà mai il risultato che avevate in mente e sarete sempre voi a mettere sulla bilancia quanto le mancanze peseranno su tutto il resto, e quanta pazienza siete ancora disposti a conservare per l’altro.
Ma qualunque finale sceglierete per la vostra storia, cercate di perdonarvi e accompagnarvi, di comprendere senza tollerare, e venirvi incontro senza annullarvi.
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