Bufera su Pupi Avati e la sua tesi su ormoni e sessualità di Lucio Dalla

Pupi Avati teorizza sulla mai dichiarata omosessualità di Lucio Dalla.

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Lo scivolone di Pupi Avati non è passato inosservato sui social: in un’intervista rilasciata nelle scorse ore alla Stampa, Avati spiega infatti come il cantautore Lucio Dalla, grande amico e collega all’interno dello star system, fosse in gioventù uno spietato sciupafemmine, e che tutto sia cambiato – teoricamente – in seguito a una terapia ormonale a cui era stato sottoposto per “problemi di crescita”.

La madre di Lucio Dalla si sarebbe infatti preoccupata del fatto che il cantautore non crescesse in altezza, e lo avrebbe portato da un medico, il quale gli avrebbe somministrato una cura a base di ormoni per compensare il difetto.

Alla domanda “In che modo è cresciuto Lucio Dalla?”, il regista ha risposto:

La parabola di Lucio è stata come un viaggio siderale. Dopo la stagione d’oro dei teatri parrocchiali ha avuto una penalizzazione fisica esplicita, che ha gettato nel panico la madre. Lucio non cresceva, la mamma gli fece fare una cura a base di ormoni che in qualche modo lo ha compromesso. Non solo non è cresciuto, ma a un certo punto Lucio è diventato ispido, peloso. Non so se questo mutamento abbia avuto riflessi in ambito sessuale”

E poi, incalzato dall’intervistatore, ha esposto la sua opinione:

A Lucio, nel periodo in cui suonavamo insieme, piacevano moltissimo le ragazze, era un assatanato delle donne, era innamorato pazzo della sorella dell’impresario Cremonini, l’attrazione per il mondo femminile era in lui presente e inequivocabile. Poi, a un certo punto della sua vita, qualcosa cambiò

E cominciano a piovere le prime risposte incredule sui social, anche da parte del giornalista e autore Simone Alliva:

Una tesi dannosa per la comunità LGBTQIA+

A prescindere dal fatto che Lucio Dalla non abbia mai dichiarato apertamente la propria omosessualità, è obiettivamente infondato anche solo suggerire che il cantautore sia diventato gay per “un motivo”.

Anche se l’episodio è oggettivamente vero e confermato dallo stesso Dalla – che in un’intervista raccontò come la terapia gli causò un’evidente ipertricosi e, probabilmente, disagio psicologico –  non esiste alcuna prova che dimostri come ciò abbia influenzato il suo orientamento sessuale.

C’è anche da considerare il contesto storico in cui il cantautore è cresciuto: negli anni 60/70 l’omosessualità era ancora pesantemente stigmatizzata, e molte persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ tendevano a fingere – esagerando – un’eterosessualità che avrebbe permesso loro di condurre una vita “normale”.

Tuttavia, oggi siamo nel 2023 e risulta alquanto stridente il fatto che si continui a sollevare ipotesi sulla natura dell’omosessualità, come se questa fosse un fenomeno da spiegare o da giustificare.

Questo tipo di prospettiva – sia espressa volontariamente o per sbaglio – presuppone una concezione distorta dell’orientamento sessuale, in cui l’eterosessualità viene considerata la norma e ogni altra forma di sessualità viene stigmatizzata come eccezionale o anormale.

In particolare, appare sorprendente che alcuni sostengano ancora oggi la tesi secondo cui l’omosessualità sia acquisita durante la vita a seguito di influenze esterne, fisiche, psicologiche o culturali, come se fosse una scelta o una deviazione volontaria.

Una visione estremamente dannosa per la comunità LGBTQIA+, nonché teoria su cui si fondano le terapie di conversione. Teoria che non solo manca di fondamento scientifico, ma rappresentano anche una visione riduttiva e offensiva dell’omosessualità, che viene vista come una patologia da curare.

Al contrario, Lucio Dalla, artista di grande talento e personalità libera, ha vissuto in piena autonomia, senza mai rinnegare la propria identità e custodendo preziosamente la sua vita privata. In un mondo ancora fortemente condizionato da pregiudizi e stereotipi, la sua figura rappresenta un esempio di coraggio e integrità, che ci invita a riscoprire il valore della diversità e della libertà personale.

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