Questa mattina Tiziano Ferro ha svelato i nomi dei primi cantanti che omaggerà al Festival di Sanremo, che lo vedrà assoluto protagonista per cinque serate su 5. Il cantautore di Latina celebrerà Mia Martini e Domenico Modugno, oltre a cantare alcuni dei suoi più celebri pezzi. Ma è chiaro che la settimana sanremese è lunga, e Ferro intonerà anche altri storici autori del Festival.
E allora perché non omaggiare un uomo, un cantante che quasi 50 anni fa venne letteralmente bandito da Sanremo, perché omosessuale. Parliamo di Umberto Bindi, nato a Genova nel 1931. Nel 1961 Bindi, all’epoca appena 29enne, si presentò al Casinò con una pelliccia di foca foderata di visone e con addosso quattro milioni di lire in gioielli: orologio, anello, bottoni della camicia e gemelli di brillanti. Il suo brano, Non mi dire chi sei, si classificò all’undicesimo posto, ma sui giornali nessuno parlò di quella canzone, bensì dell’anello vistosamente indossato, e più volte inquadrato dalle telecamere Rai.
Parlavano solo del mio anello al dito mignolo e, dunque, solo pettegolezzi e malignità, cattiverie e infamie. Della mia canzone non fregava niente a nessuno. Volevano solo sapere se ero finocchio.
Da allora il Festival ha letteralmente bandito Bindi, fino al 1996, quando è tornato sul palco grazie ai New Trolls. Nel 1988 il coming out pubblico, dopo decenni di rumor, al Maurizio Costanzo Show. Ma la sua carriera era stata letteralmente stroncata, nel momento del suo decollo.
L’Italia bigotta di un tempo non accettò quel cantante gay, che diede vita a perle come «Il nostro concerto», «Il mio mondo», «Arrivederci», scrivendo poi «La musica è finita» di Ornella Vanoni. Deceduto nel 2002, dai più dimenticato e in attesa del sussidio Bacchelli, Bindi meriterebbe ora una celebrazione, a quasi 60 anni da quel famigerato ‘anello dello scandalo’, da uno dei pochissimi cantanti italiani di ultima generazione che ha fatto coming out. Tiziano Ferro, per l’appunto, sposo di Victor Allen e da 10 anni in prima linea in difesa dei diritti LGBT, nel rimarcare l’importanza capitale dell’accettazione, propria e altrui.
Durante il Festival del 2018 Gino Paoli, suo grande amico, omaggiò Bindi insieme a Claudio Baglioni, cantando Il nostro concerto, al vertice dei singoli più venduti nel 1960 per 10 settimane.
Vorrei ricordare questo nostro amico, grande musicista, massacrato nell’attimo più giusto della sua cariera da un odio che spesso ancora oggi resiste contro i diversi, i diversi che hanno qualcosa in più e non qualcosa in meno. Era Umberto Bindi. E questa era la canzone che sarebbe stata il suo lancio, se non ci fosse stato questo odio.
Sono passati solo due anni, è indubbio, ma un omaggio di Ferro, divo della musica italiana serenamente gay e campione di vendite, farebbe tutt’altro effetto. Da un anello di diamanti ad uno di stampo matrimoniale, dal bianco e nero degli anni ’60 ai colori dell’arcobaleno di oggi.
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l'essere gay non impedi a bindi di avere successo con le sue canzoni. come cantante era pressoche discreto , come paoli che , COME CANTANTEd'altronde, non era molto amato , IDEM X TENCO..BINDI FINI IN MISERIA XCHè NON FU FORMICA E spreco' i suoi guadagni e si vide pignorati i suoi diritti siae.x gli anni 60 era troppo evidente. doveva trovare un intelligente compromesso almeno con chi gli dava lavoro. ho visto foto con al guinzaglio un giaguaro.oggi avrebbe fatto spetaccolo ma allora no.cque le sue canzoni fecero successo mondiale. mina gli incise due canzoni di cui una cantata a sanremo( titolo :è vero .grande successo)trovo riduttivo doverlo ricordare xchè gay.Bindi è e sara' un grande maestro a prescindere dall'essere gay.E A ME PIACE TANTO IL NOSTRO CONCERTO E IL MIO MONDO.