TRENTADUE ANNI CON LA MASCHERA

'Non ho mai vissuto la mia omosessualità. Sono vergine. Se qualcuno si avvicina, la mia timidezza mi blocca e lo fa scappare. Non ne posso più'. L'esperto: 'devi provare a rischiare'.

TRENTADUE ANNI CON LA MASCHERA - leo25 8 5 - Gay.it
5 min. di lettura

Gentile dottor Iaculo, seguo sempre con interesse le sue consulenze on-line sul sito. Ogni volta rimango impressionato dall’umanità, dalla grazia, con cui risponde. Alcune delle risposte che ha dato sono in parte servite anche a me.
Le scrivo per il seguente problema (vengo subito al punto): ho trentadue anni, sono omosessuale ed ancora vergine.
Fin da piccolo ho avuto problemi di accettazione del mio orientamento sessuale.
Ho vissuto il periodo delle scuole medie in completa solitudine. A causa del mio aspetto ‘femminile’ e della mia voce da ragazza ero costantemente preso in giro ed evitato dai compagni di classe. Il periodo delle scuole superiori è andato meglio: la voce, per fortuna, è cambiata e fingendomi eterosessuale (ho inventato ragazze inesistenti) e concentrandomi quasi totalmente sullo studio sono riuscito ad arrivare indenne alla maturità. Nel periodo universitario ho continuato con lo stesso tipo di atteggiamento. Infine, nei miei anni lavorativi, sempre la stessa ricetta: non affrontare la sfera sessuale, mentire con le persone a me vicine (familiari, amici, colleghi…), cercando di essere il più sfuggente possibile, e assorbimento quasi totale nel lavoro.
Mi ritrovo a questa età, sicuro di essere omosessuale ma non altrettanto sicuro di averlo accettato fino in fondo, senza amici, ovvero, senza amici veri che sappiano tutto di me e non conoscano solo la ‘maschera’, e, cosa che più mi pesa, senza un compagno e senza nessuna esperienza in tal senso.
Ho riflettuto a lungo sul perché mi trovi in questa situazione, ma non sono mai riuscito a mettere ordine nella gran confusione che ho in testa. Sono di aspetto fisico gradevole e, durante gli anni, non mi sono mai mancate le occasioni, anzi. Ogni volta però sono rimasto bloccato dalla forte timidezza e dalla paura (paralizzante), non riuscendo mai a concludere niente, facendo scappare o spazientire il malcapitato di turno proprio nelle prime fasi dell’approccio.
Ho cercato l’aiuto di un professionista, ma banalmente, a causa dei miei orari di lavoro (sono disponibile solo il sabato e durante la settimana dopo le 20.00) non siamo riusciti ad andare oltre il colloquio preliminare. Abbandonata questa strada ho cercato di leggere tutto quello che sono riuscito a reperire sull’argomento – dai manuali di psicologia ai romanzi -, ma non sono riuscito a trovare alcun giovamento e alcuna risposta.
Ho provato a cercare amicizie tramite internet, ma non sono riuscito a trovare niente di più di una richiesta di un incontro sessuale. A causa della mia già citata timidezza non riesco neanche ad andare nei locali gay da solo. In ufficio non c’è nessuno come me e nessuno con cui potermi confidare, ho anche il timore di un eventuale licenziamento se si venisse a sapere.
Come può avere intuito mi sento in un vicolo cieco. Mi sono stancato di mentire alle persone che mi stanno vicino, di non poter mostrare loro quello che sono realmente. Mi lacera il sentirmi costantemente a disagio, in colpa, per quello che sono e a causa di questo, consciamente o inconsciamente cercare sempre l’approvazione degli altri. La mancanza di vita affettiva e di amici veri mi provoca momenti di smarrimento che si riflettono in maniera negativa anche su altri aspetti della mia vita.
Mi potrebbe consigliare dei libri che mi possano aiutare a fare un po’ di chiarezza?
Cordiali saluti
Michele

Mi chiedi di consigliarti altri libri, scrivendomi però poche righe prima, di aver già letto tutto quello che sei riuscito a rintracciare sul tema, senza essere riuscito a trovare alcun giovamento ed alcuna risposta. Mi domando allora se ha un senso rispondere a questa tua richiesta.
Mi ha fatto sorridere leggere che non sei riuscito a portare avanti un percorso di psicoterapia perché il tuo tempo libero non coincideva con gli orari del tuo possibile terapeuta. Ma che fai nella vita? Ti nascondi dietro un dito? Come i bambini quando sono presi con le mani nel sacco? Per prendersi cura di se stessi e fare un’ora di psicoterapia a settimana, se si è davvero motivati, il tempo lo si trova! E probabilmente di fare terapia ne hai bisogno!
Ho la sensazione da quanto scrivi che qualsiasi cosa io potrei dirti o suggerirti di fare si scontrerebbe con un tuo “ma”. È un gioco spesso comune ai miei pazienti depressi ed introiettivi, coloro che non mettono coraggio ed energia nella vita, coloro che non riescono a vedere vie d’uscita e l’energia nel corpo quasi non la sentono più e sembrano non poter rinunciare, come te, all’approvazione degli altri. Ho imparato che in questi casi non devo dare suggerimenti e lasciar intravedere soluzioni (questo in generale un buon terapeuta dovrebbe farlo il meno possibile), perché comunque il suggerimento viene puntualmente respinto con un “sì, ma…”, con un’obiezione, con il rimando: “Sì, però io non posso cambiare nulla!”
Allora, in casi come questi, in casi come il tuo, bisogna iniziare piuttosto con l’aiutare a prendere consapevolezza – nella testa, nel corpo, con sentimenti e con le viscere -, del fatto di sentirsi intanto rassicurati e sterilmente protetti dalla situazione di blocco nella quale si è. Quel non dire di sé, il giocare all’eterosessuale, il tener in piedi relazioni fittizie, l’addurre una infinità di razionalizzazioni ormai anacronistiche (da “nessuno mi rivolgerebbe più la parola” a “mia nonna morirebbe d’infarto!”), rendono la vita noiosissima e scialba, ma tanto rassicurante!
Tu sei consapevole di essere gay (e probabilmente ne sono consapevoli anche molte più persone che ti conoscono di quanto tu possa supporre), ma la tua consapevolezza è priva di un elemento determinante che la contraddistingue quando è sana: il coraggio di essere pienamente presenti con tutto se stessi nelle esperienze di vita. Hai rinunciato a questo coraggio, all’ansia e al rischio, che contraddistinguono una vita vissuta bene, scegliendo una tranquillità melmosa e frustrante e la garanzia dell’approvazione.
Nessuno può aiutarti se non provi a rischiare, nessuno può indicarti percorsi di viaggio se non prepari con entusiasmo la valigia. Potrebbe rompersi tutto, è vero, se rischi di essere presente con tutti i tuoi sensi nel mondo (ma è improbabile), potresti perdere i tuoi vecchi amici, potresti vedere i tuoi familiari sconvolti e rifiutanti (almeno in una prima fase), ma in ogni caso cominceresti a “vivere”. Il mondo è pieno di un’infinità di gente potenzialmente interessata a conoscerti davvero, ad incontrarti a un livello diverso, ad approvarti e ad amarti anche per il tuo essere gay, se solo tu non rinunci all’ebbrezza della novità.
E, ti prego, non rispondermi con un’altra lettera (come a volte mi è già successo) piena di ulteriori insulsi luoghi comuni quali “lei fa presto a parlare, ma se conoscesse i miei amici…”; “i miei non mi accetterebbero mai…”; “lei parla così perché non si trova a vivere il problema”, ecc. Io lavoro a Roma e in una piccola città di provincia come Caserta ho conosciuto da poco un ragazzo più o meno della tua età venuto in terapia da me per dei problemi di coppia, che vive in paese del casertano di poche migliaia di abitanti, dove tutti si conoscono o quasi, ed egli non ha mai nascosto quello che è. Porta con fierezza, energia e misura il suo orientamento omorelazionale e se ne infischia se qualcuno fa a volte la battutina omofoba o il sorrisetto. Chi lo conosceva ed apprezzava davvero ha continuato a farlo! Non possiamo aspettarci il rispetto degli altri se noi non comunichiamo loro che lo abbiamo nei confronti di noi stessi e lo pretendiamo.
Ti ringrazio per gli apprezzamenti rivoltimi all’inizio della tua lettera. Con te so di avere usato poca grazia, sono stato più duro, meno accogliente, ma è un modo per comunicarti che voglio credere alla parte di te desiderosa di vivere con pienezza (si intravede, seppur nascosta dietro i tuoi intrometti) e provare a stimolare e ad incontrare il tuo coraggio. Se quello che ti ho scritto non ti piace, non farmi un elenco di “si, ma…”, preferisco un bel vaffanculo. Sarebbe comunque un atto di coraggio!
Auguri
Giuseppe Iaculo
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di Giuseppe Iaculo

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