Dovevano essere le elezioni della svolta, del definitivo addio a Recep Tayyip Erdoğan, e così potrebbe ancora essere, perché bisognerà aspettare il ballottaggio del 28 maggio per conoscere il 13esimo presidente turco. Nessuno tra Erdoğan, 69enne presidente dal 2014, e Kemal Kılıçdaroğlu, leader dell’opposizione, è riuscito a superare il 50% + 1 dei voti per conquistare la presidenza.
I sondaggi della vigilia davano Kılıçdaroğlu in vantaggio, ma Erdoğan è riuscito a resistere ai partiti di opposizione che si sono riuniti compatti pur di detronizzarlo, a pochi mesi dal devastante terremoto che ha causato oltre 50.000 vittime.
“La farsa, iniziata con il 60 percento, ora è scesa sotto il 50. Gli osservatori elettorali e i funzionari del consiglio elettorale non dovrebbero mai lasciare i loro posti. Non dormiremo stanotte, popolo mio“, ha tuonato via Twitter Kılıçdaroğlu, che ha pubblicamente parlato di brogli elettorali. Successivamente, a ballottaggio sicuro, ha scritto: “La volontà di cambiamento nella società è superiore al 50%. Se la nostra nazione dice che si andrà al secondo turno, vinceremo assolutamente“.
Erdoğan è diventato primo ministro del Paese nel 2003, rimanendo in carica per 10 anni. Nel 2014 è stato eletto presidente, riportando indietro di decenni il Paese sul fronte dei di diritti umani, come denunciato da Human Rights Watch. Le sue opinioni sulle persone LGBTQ+ sono ben documentate. Lo scorso 7 maggio, in un comizio elettorale, ha affermato che il suo Partito non sarà “mai pro-LGBT, perché la famiglia per noi è sacra”. Nel 2022 ha definito i “diritti LGBTQIA una degenerazione“. Per il suo ministro dell’interno, Souly, la comunità LGBTQ+ è “terrorismo culturale” dell’Occidente.
Nel 2020 usò parole al veleno nei confronti della comunità, accusando le persone LGBTQ+ di “attaccare i nostri valori nazionali e spirituali” e di “cercare di avvelenare i giovani”.
Il presidente ha poi etichettato i giovani queer come “vandali“, invitando le persone a “prendere posizione contro coloro che mostrano qualsiasi tipo di perversione proibita da Dio, che esibiscono tutti i tipi di eresia che il nostro signore ha proibito e coloro che li sostengono“.
Kılıçdaroğlu, leader del Partito popolare repubblicano, ha invece precisato di non voler trasformare “lo stile di vita delle persone in dibattito politico. La politica è una cosa a parte. La politica è trovare soluzioni ai problemi attuali. Dobbiamo rispettare la fede e l’identità di tutti“, disse in tv in diretta nel 2021. Il presidente del CHP ha inoltre affermato che “nessuno può interferire con la vita di tutti“, in riferimento all’esistenza delle persone queer.
In Turchia l’omosessualità è legale ma le unioni omosessuali e l’adozione non sono riconosciute, la terapia di conversione non è vietata e i Pride sono puntualmente censurati dallo stato.
Il 28 maggio la Turchia sarà chiamata a decidere, se voler continuare con Erdogan, che da 20 anni manovra la politica nazionale, o svoltare con Kılıçdaroğlu, tornando così ad essere una reale e sana democrazia.
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