In questi giorni, l’attenzione dellǝ attivistǝ si è concentrata sulla questione transgender, in coincidenza con la settimana tematica che culmina oggi nel Transgender Day of Remembrance.
Quest’anno, le rivendicazioni hanno enfatizzato l’importanza dell’autodeterminazione, lottando contro lo stigma e la patologizzazione delle identità transgender, e sostenendo il diritto ad adeguati percorsi medici e psicologici.
Ma cosa accade quando, invece che andare avanti, si torna indietro? Andando di fatto a cancellare una delle iniziative legislative più progressiste d’Europa per le persone trans, oggi l’Ungheria di Orban – figura molto cara alla nostra premier – vieta nuovamente l’autodeterminazione di genere.
Il ricorso alla Tribunale Europeo dei Diritti dell’Uomo
In risposta all’inarrestabile erosione dei diritti transgender in Ungheria, 60 individui transgender hanno sfidato la legislazione repressiva ungherese, presentando ricorsi al Tribunale Europeo dei Diritti dell’Uomo (TEDH) con l’assistenza del Servizio di Assistenza Legale della Società Háttér, un’organizzazione impegnata nella difesa dei diritti LGBTQIA+. Di questǝ 60, moltǝ sono anche in sciopero della fame.
Un atto di resistenza sociale e giuridica scaturito dopo la decisione del Tribunale Costituzionale ungherese nel febbraio 2023, che – dopo le restrizioni imposte con il pretesto della pandemia – ha ulteriormente limitato il riconoscimento legale all’autodeterminazione di genere, impedendo alle persone transgender non impegnate in percorsi medicalizzati di modificare il genere sui propri documenti legali. Proprio come accade in Italia.
La vita quotidiana delle persone transgender in Ungheria è stata così sconvolta, costringendo una minoranza già vulnerabile a un’ulteriore ondata di discriminazioni e stigma, dato che la loro identità legale non corrisponde più alla loro identità di genere.
“Sottolineare l’importanza della questione alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è fondamentale: l’assenza di un riconoscimento legale costituisce un problema strutturale di vasta portata che priva in maniera sistematica i diritti elementari delle persone transgender – spiega Eszter Polgári, capo del Programma Legale della Società Háttér – La visione ristretta e la mancanza di lungimiranza della Corte Costituzionale, che ha trascurato le implicazioni sui diritti fondamentali nella sua decisione di febbraio, hanno escluso la possibilità di qualsiasi soluzione giuridica interna. Per questo motivo, esortiamo chiunque sia coinvolto a partecipare al nostro processo strategico presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”.
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La lenta, ma inesorabile cancellazione della comunità LGBTQIA+ in Ungheria
L’Ungheria, un tempo considerata progressista in materia di diritti transgender, ha subito una radicale involuzione.
Nel 2020, il Parlamento ungherese, approfittando dell’emergenza COVID-19, ha introdotto un divieto sull’aggiornamento del genere nei documenti ufficiali per le persone transgender e intersessuali.
Questa decisione, presa senza alcun dibattito sociale o professionale, ha interrotto una prassi che per quasi vent’anni aveva permesso alle persone transgender di modificare il proprio genere sui documenti senza dover sottoporsi a interventi medici.
Il divieto ha creato un abisso tra l’identità vissuta dalle persone transgender e quella riconosciuta legalmente, esponendole a situazioni quotidiane umilianti in violazione della loro dignità umana.
Discrepanza che si manifesta in situazioni ordinarie, come il lavoro, i controlli di polizia, o persino durante transazioni economiche, obbligando le persone transgender a spiegare aspetti intimi e personali della propria vita anche in situazioni di potenziale rischio.
Una situazione che contraddice i principi della giurisprudenza del Tribunale Europeo dei Diritti dell’Uomo (TEDH), che ha sancito la necessità di rispettare l’identità fisica e sociale di un individuo, inclusa l’identità di genere, come parte del diritto alla vita privata, evidenziando la responsabilità degli Stati membri di fornire procedure rapide e accessibili per il cambiamento di genere sui documenti ufficiali.
Il caso ungherese è un esempio lampante di come – in brevissimo tempo – i diritti fondamentali possano diventare privilegi. Di come le minoranze siano ancora estremamente vulnerabili ai cambiamenti politici, ai capricci dei governi conservatori, quando la dignità umana dovrebbe invece essere diritto inalienabile a prescindere da chi vince le elezioni.
Un monito inquietante che però ci tiene vigili e attentǝ. La tutela dei diritti umani è un impegno costante, che trascende le frontiere nazionali e unisce comunità diverse in un obiettivo comune: garantire che ogni individuo possa vivere con dignità e rispetto.