Ha deciso di vestirsi in giacca e cravatta, e soltanto per questo la sua faccia è finita sulle prima pagine di tutti i giornali, sulla Rai al Tg! Delle 20, e sui talk show delle più svariate televisioni private. Com’è possiile? E’ possibile se ci si chiama Alberto Eordegh e si decide, insieme ad alcuni suoi amici, di partecipare al World Gay Prime,a Roma con 4° gradi e tra piume di struzzo tacchi a spillo e bermuda, vestiti di tutto punto, in giacca e cravatta e con dei cartellini con su scritto "il tuo commercialista, il tuo medico, il tuo avvocato, il tuo veterinario ecc.."., cioà tutto quel che ti circonda.
Ovvero: al gay pride fa spettacolo la ‘normalità’. Anche se questi ragazzi in giacca e cravatta sono stati aiutati dalla loro bellezza: belli anche senza tanga e schiuma. E le tv ci hanno sguazzato.
Ecco, raccontata dallo stesso Eordegh, la storia di un’idea vincente, e la ‘filosofia di vita’ che la sottende:
"Già durante il viaggio in treno Milano Roma, mi hanno intervistato in una decina, tra cronisti delle TV e giornalisti, questo per farti capire il successone che questa semplice idea ha riscosso. Sono stato il lunedi ospite, (nel gruppetto di partecipanti) alla trasmissione Iceberg Tele Lombardia, con Buttiglione (!!), la Maiolo, Funari, Grillini, uno della lega un prete e una tipa credo del polo. Le interviste sono continuate durante la sfilata, noi eravamo emozionati dagli applausi della gente comune (e ti assicuro comune!!) delle congratulazioni, dalle 2000 foto che chiunque ci ha scattato. Al TG1 delle 20.00 del sabato 8 luglio hanno passato la nostra immagine del gruppo e la mia intervista ben piazzata nel servizio di del Noce. Poi altre Tv locali del lazio e della lombardia tipo 6 Milano. Vari quotidiani hanno citato il nostro gruppo….
Ora vi racconto com’è nato tutto:
Prima di tutto non apparteniamo a nessuna associazione (purtroppo), siamo un gruppo di amici di Milano e di Roma. La mia è stata una sfida: durante il can can che è nato dopo la richiesta del Vaticano di spostare il world gay pride , dopo tutto quello che è stato detto da politici sindaci e compagnia bella, sembrava che la sfilata dovesse essere una parata di fenomeni "anormali" in mostra. Si parlava, come sempre fanno i giornali, solo dell’aspetto d’avanspettacolo che fa da cornice a qualsiasi manifestazione, a quelle gay in particolar modo, che però NON rappresenta la maggioranza dei partecipanti. Era prevedibile che la stampa e la Tv avrebbe mostrato SOLO quel lato della manifestazione, appunto per creare ulteriori polemica nel dopo manifestazione. Allora parlando con il mio fidanzato e mio fratello a cena ho detto pensate come sarebbe bello se tutti sfilassero in giacca e cravatta, sarebbe un modo per spiazzare tutti, un bello schiaffo morale e non solo, all’oppinione pubblica.
Da quel momento dentro di me si è mosso qualcosa, il gusto della sfida ha creato la base del mio progettino "GIACCA E CRAVATTA" e mi sono detto. vedrete che c’è la farò a portare questa immagine in prima pagina.
E’ stata dura: nonostante io conosca moltissima gente, abito a milano da sempre e per anni i miei amici mi hanno considerato una "LOCOMOTIVA SOCIALE", nonostante tutto di milanesi in prima linea in giacca e cravatta eravamo in tre!!! Grazie ad Andrea, che mi ha messo in contatto con un gruppetto di baldi (e bellissimi) giovini, siamo alla fine riusciti a mettere assieme un groppo degno di nota. L’altra idea che è stata la vera cigliegina, è quella dei cartellini , che fra un preventivo e l’altro, un cantiere, e un cliente, e il mio capo che era d’accordo sul progetto ma mi ricordava che il nostro è uno studio di architettura e non la sede dell’Arcigay, ho scritto e stampato circa cento cartellini, con scritto: IL TUO AVVOCATO, IL TUO MEDICO, IL TUO COMMERCIALISTA, IL TUO IMPIEGATO DI BANCA (dedicato a Roberto), IL TUO AMICO DEL CUORE, IL TUO VETERINARIO, TUO ZIO (per Mauro), IL TUO SCRITTORE PREFERITO. In breve il messaggio è questo attraverso l’immagine dell’uomo in giacca e cravatta stereotipo dell’uomo "normale" del business man insomma per assurdo, e non troppo, anche di tuo marito che vedi tutti i giorni uscire di casa o di tuo figlio abbiamo voluto rappresentare la "normalita" la "quotidianità" della nostra presenza nel mondo, nella società, la gente si immagina i gay in piume di struzzo o in abbigliamento di pelle nera, e non li accetta, ok ci sono pure loro e hanno tutti i diritti di esserci, ma la gente non si immagina che questi "gay" alla fine sono quelli che tutti i giorni li trovano dall’altra parte della scrivania persone alle quali loro la gente comune affida la propria salute, i propri soldi, insomma, i professionisti dei queli hanno fiducia e dei queli spesso si fidano ciecamente.
Peccato solo che per far si che la normalità venga portata non in prima pagina ma addirittura al TG1 delle 20.00. la si debba rappresentare in modo estremo sfilando in giacca e cravatta con 40° per quasi 4 ore.
Ma alla fine eravamo orgogliosi, ma non di essere gay, gay lo siamo e basta, ma di avercela fatta di avere avuto un successo che è andato al di là di ogni aspettativa.La cosa strana è che nessuno di noi si è preoccupato del "COMING OUT che stavamo vivendo, è proprio vero che l’unione fa la forza! E per questo voglio ringraziare Andrea e i suoi splendidi amici romani".
di Alberto Eongher
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