Chi ha paura di zio Paperone? Stando alle ultime notizie, lo zio più famoso della storia dei fumetti pecca di razzismo.
L’ha confermato il suo stesso creatore Don Rosa, che in un post sui social, riferisce che la Disney avrebbe scelto di non (ri)pubblicare due capitoli della saga di zio Paperone perché non allineati con i loro valori: “Come parte del suo costante impegno per la diversità e l’inclusione, The Walt Disney Company sta rivedendo la propria libreria di storie” scrive il comunicato ufficiale, dichiarando che nello specifico “Il papero più ricco del mondo” e “Il sogno di una vita“, non potranno far parte di eventuali ristampe o pubblicazioni.
“Quali altre storie di zio Paperone saranno vietate?” scrive Don Rosa, spiegando che i 12 capitoli, ambientati tra 1877 e 1947, non potranno essere più pubblicati senza il proprio finale, con notevole rammarico per il mondo dei collezionisti.
Nei due fumetti, zio Paperone interpreta un avido colonialista che cerca di distruggere la vita della tribù africana per i propri fini economici. Ma al suo tempo la storia fu considerata anche progressista, con Paperone colpito da una maledizione (successivamente scontata da Paperino) come punizione per la sua avidità.
Lo stesso Paperone è un miliardario capitalista ispirato all’egoismo di personaggi dickensiani come Scrooge del Canto di Natale ma anche l’Orson Welles di Citizen Kane, tutti condannati dalla loro stessa megalomania.
Ma il vero problema risiederebbe nella rappresentazione del personaggio di Gongoro (o Bombie come nell’originale): morto vivente riportato in vita attraverso la magia vudù, che riprende gli stereotipi razziali dei personaggi afrodiscendenti, vestito da straccione e con tratti somatici caricaturali.
Sorte che toccherà anche ad altri classici della multinazionale, come Paperino e il feticcio pubblicata nel 1949, o Topolino e il selvaggio Giovedì, scritta da Floyd Gottfredson nel 1940, dove il protagonista stringe amicizia con un ragazzino africano non abituato alla cultura occidentale, e ritratto con tutti i cliché del caso.
Ma può essere davvero considerata cancel culture? Non esattamente: Disney non ha cancellato Zio Paperone, ma solo scelto di non (ri)pubblicare due capitoli della saga che continueranno ad essere reperibili nelle precedenti edizioni.
Come successo con la fake news sul bacio di Biancaneve o la fantomatica censura di Dumbo, Peter Pan, Gli Aristogatti e altri lungometraggi che non sono stati rimossi dalle piattaforme streaming, ma solo accompagnati da un disclaimer che ne riconosce i retaggi derogatori e razzisti dell’epoca (un tentativo di rendere più consapevoli i nuovi spettatori, senza bannare l’opera).
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