8 marzo, le ragioni dello sciopero delle donne sono (anche) nostre

La giornata di agitazione internazionale tocca anche l'Italia: la comunità LGBT non può chiamarsi fuori.

8 marzo
2 min. di lettura

Femminismo, antisessismo, lotta contro il patriarcato: le ragioni dell’8 marzo sono (anche) nostre.

Per la giornata dell’8 marzo, anche in Italia è stato convocato uno sciopero delle e per le donne a cui nel nostro Paese hanno aderito tra gli altri Non Una Di Meno, UDI – Unione Donne in Italia, Greenpeace, Arci e diversi sindacati di base come Usb e Slai-Cobas.

Le manifestazioni previste in Italia sono una settantina e hanno colpito in particolare il settore dei trasporti e della scuola. La mobilitazione ha come hashtag #WeToogether, chiaramente riferita al movimento #MeToo nato negli Stati Uniti a seguito delle rivelazioni sulle molestie nel cinema di Asia Argento, che su Facebook sostiene pubblicamente la mobilitazione di Non Una di Meno.

“#WeToogether – spiega l’attivista Marie Moise a Osservatorio Dirittivuol dire fare tesoro delle testimonianze personali che le singole donne hanno avuto il coraggio di denunciare. ‘WeToo’ significa che le storie di violenza e molestie sono successe non a una singola persona ma a ‘noi’ e per questo, da questo momento in avanti, si potranno affrontare insieme. Affermare #Wetoogether oggi vuol dire che ci possiamo difendere se creiamo una rete di solidarietà tra donne”. Ma quali sono nel dettaglio le rivendicazioni dell’agitazione?

L’impiego innanzitutto e le vessazioni che si porta dietro. Quale persona LGBT, specialmente transgender, può dire di essere al riparo dalle discriminazioni nel mondo del lavoro? Dalla marginalizzazione per via della maternità, al gender pay gap che le vede guadagnare meno rispetto ai colleghi uomini che svolgono il medesimo lavoro. Secondo l’Istat, in Italia nel 2014 le buste paga delle donne erano mediamente del 24% più leggere di quelle degli uomini.

Ci sono poi ovviamente le violenze, che proprio nell’ambito lavorativo trovano parte dei loro fondamenti, senza scomodare il femminicidio, apice della violenza maschile, sempre in base a dati Istat, raccolti tra il 2015 e il 2016, nel nostro Paese sono un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quale persona LGBT non corre il rischio di subire violenza sull’altare maschile che tutto sottomette al privilegio dell’uomo?

E allora, almeno per questa giornata, risparmiamoci la litania sullo ‘sciopero che non serve a nulla’, sull”andate a lavorare’ o ancora sull’agitazione che ‘sarebbe controproducente perché colpisce chi non c’entra nulla’. Lo sciopero delle donne è uno sciopero per tutti noi.

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