Imbattersi in Eddie Izzard camminando in una strada del centro di Londra può significare tutto e il contrario di tutto. Lo si può con difficoltà riconoscere tra i passanti se è in una delle sue giornate maschie, oppure scorgere a un chilometro di distanza se ha optato per il look da drag queen col quale spesso si esibisce in palcoscenico. L’attore è un caso assolutamente unico nel panorama dell’intrattenimento internazionale ed è un fenomeno in continua espansione rilanciato di recente dal suo nuovo spettacolo teatrale intitolato “Sexie”, che ha debuttato in Nuova Zelanda per passare in Australia, Stati Uniti e arrivare infine nel vecchio continente. Gli spettatori accorrono in massa ad assistere agli stralunati monologhi di Eddie, che gioca sull’ambiguità sessuale ma neanche tanto, gettandola quasi casualmente nel gran calderone di argomenti che tocca durante l’abbondante ora e mezzo di spettacolo che affronta da solo sul palco: la sua infanzia in vari paesi del mondo, la monarchia, la mucca pazza, il business delle armi, la teoria del caos, la fantascienza, il razzismo, gli animali, gli uomini, le donne, in un fuoco di fila di situazioni paradossali e surreali, sulla scia di un umorismo alla Spike Milligan probabilmente non per tutti i palati. John Cleese lo ha definito l’uomo più divertente del mondo, Time Out lo ha incoronato “Il più famoso comico con vestito del mondo” ed il pubblico sembra essere d’accordo.
Izzard è un commediante insolito, spiazzante, non è gay ma si trucca in abbondanza, cammina senza troppa grazia sui tacchi alti e all’occorrenza non disdegna le gonne.
“Sono ancora imbarazzato a farmi intervistare quando sono completamente truccato” dice, “del resto ho fatto coming out solo…. 16 anni fa! E poi sono piuttosto mascolino nei tratti e nelle movenze e trovare il look giusto è difficile, ci vuole un sacco di tempo. Un travestito etero è molto diverso da un travestito gay.” L’attore, figlio di un dipendente della compagnia petrolifera Bp e di un’infermiera, è nato nello Yemen del Sud nel 1962. Da piccolo dovette affrontare il trasferimento con i genitori e i fratelli maggiori a Belfast prima e poi nel Galles, un cambiamento radicale sia ambientale che culturale che pare lo abbia abituato alle mutazioni drastiche, anche nel look. All’età di soli 6 anni lo shock della perdita della madre (“Piansi dai sei agli undici anni, solo per richiamare l’attenzione”). Gli anni del collegio furono duri ma lo resero indipendente e controcorrente, doti che poco si adattavano al suo tentativo di carriera militare.
“Dovevo stare nell’esercito” racconta sulla scena “e invece sono finito sul palcoscenico a fare il commediante. Giusto una piccola differenza, un po’ di trucco in più. I soldati si truccano solo per il loro look notturno. Non pareva funzionare per me.”
Poco più che ventenne le prime sortite travestito, con rossetto, smalto, tacchi a spillo e collant. Un comportamento in pubblico non facile da affrontare con una personalità fondamentalmente timida: “Non mi è mai piaciuto essere timido, per cui dovetti trovare delle tecniche sociali per affrontare le situazioni. L’essere divertente diventò la mia arma, entravo in un pub e annunciavo: il travestito è arrivato, le birre le offro io!” Col tempo è diventato il suo mestiere:
“Quando scrivo gli spettacoli cerco come prima cosa di far divertire me stesso e se una cosa mi fa ridere di solito ride anche il pubblico. Se sono io il primo a non divertirsi il pubblico lo stente e pensa: questo non è divertente. Quando funziona succede un qualcosa di misterioso, che anche per me è difficile spiegare. E’ come un sentire la forza, come in Guerre Stellari. Ma non sono un improvvisatore totale, c’è sempre una traccia.”
Prima di guadagnarsi da vivere come commediante Eddie è stato sul punto di diventare contabile (ha studiato economia all’università) e calciatore professionista. Il calcio è la sua grande passione, il che ci riporta indirettamente al tema della sua sessualità e del fare il coming out del travestitismo, non dell’omosessualità.
“Faccio coming out come lesbo-maschio” è la sua definizione. “La gente pensa che io sia gay ma non lo sono, per qualche strano motivo. Sarebbe bello. Sarebbe ancora meglio essere bisessuale: ti puoi mettere tutti i tipi di vestiti e ti puoi fare chiunque…” L’identità di genere ormai non lo preoccupa più di tanto e lascia che ognuno pensi di lui quello che vuole. Coi suoi spettacoli si rivolge chiaramente ad un pubblico dalla mentalità aperta, persone senza paraocchi e in grado di non giudicare chi hanno di fronte, palcoscenico compreso, in base agli abiti indossati. Su questo aspetto non gli manca l’auto ironia e nel suo spettacolo mette al corrente il pubblico di quanto possa essere difficile per un travestito passare attraverso i controlli doganali e l’immigrazione di uno scalo aeroportuale.
Nei primi anni ’90 Izzard si esibì dal vivo al Festival di Edimburgo e questo gli spianò la strada per il debutto nel prestigioso West End londinese con uno spettacolo che nel ’93 registrò il tutto esaurito per mesi. Parlando anche francese due anni dopo portò il suo spettacolo Definite article anche a Parigi. Il seguente show, Dress to kill, fu ripreso dal canale televisivo HBO: la stranezza surreale della sua performance gli fece vincere il Premio Emmy, rendendolo popolare anche negli USA. Ma non c’è solo il teatro, l’attore è attivo anche in campo cinematografico. Lo si è visto con Ewan McGreogor in Velvet Goldmine, con Uma Thurman e Ralph Fiennes in The Avengers Agenti Speciali e con John Malkovich in L’ombra del vampiro. Due anni fa è stato Charlie Chaplin nel film di Peter Bogdanovich The cat’s meow e nei prossimi mesi lo vedremo sul grande schermo nel kolossal western Blueberry (foto), ispirato alle avventure dell’omonimo personaggio dei fumetti, interpretato da Vincent Cassell con Michael Madsen e Juliette Lewis.
Una carriera diversificata e bizzarra, per un attore eccentrico e unico, divertente e sincero (“Devo essere onesto: sono quel tizio che era nell’esercito e che poi è diventato un travestito etero. Ecco chi sono”) ma anche in grado di calarsi in contesti drammatici, come nel ruolo che gli ha fatto ottenere quest’anno una candidatura al Tony Award teatrale, quello di un giovane padre che deve accudire ad una figlia con danni cerebrali nella piece di Peter Nichols A Day in the Death of Joe Egg.
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