Gay d’Islam

Omosessualità nel mondo arabo: "L'amore che non si può dire" di Brian Whtiaker e "Cristiani di Allah" di Massimo Carlotto ricostruiscono un quadro più completo di quello che si evince dalle cronache.

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Lo sapevate che al Gay Pride di Roma ha aderito e partecipato anche una associazione islamica? Era la prima volta che un fatto simile accadeva in Italia: la Islamic Anti-Defamation League (Iadl), organizzazione impegnata nella difesa dei diritti delle comunità islamiche e dei singoli musulmani a livello legale e sociale, ha scelto di sfilare il 7 giugno accanto al popolo lgbt italiano: «Alcuni saranno presenti perché gay, lesbiche, bisessuali, transessuali o ‘questioning’ – aveva annunciato i giorni precedenti la manifestazione la portavoce nazionale della Iadl, Dacia Valent – ma tutti noi parteciperemo perché sappiamo nel profondo dei nostri cuori e delle nostre anime che non è necessario essere "qualcosa" per sentirsi parte in causa o parte del progetto di una vita bella da vivere». Come se non bastasse, la portavoce della Iadl ha sottolineato che «non è la prima volta che sosteniamo il diritto degli omosessuali ad una vita piena e priva di discriminazione, infatti abbiamo premiato con la Mezzaluna d’Oro un’associazione glbtq musulmana, Al-Fatiha, con sede a Londra».

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L’omosessualità nei paesi islamici non è solo legata alle condanne disumane subite da alcuni gay che giustamente suscitano l’indignazione dell’opinione pubblica. Il quadro è innegabilmente più articolato: lo spiega bene Brian Whitaker, giornalista del Guardian di cui è stato a lungo responsabile per l’area mediorientale, che ha scritto il libro Unspeakable love. Gay and lesbian life in the middle east, pubblicato recentemente in Italia dalla Isbn (256 pagine, 16,00 euro) con il titolo L’amore che non si può dire. Storie mediorientale di ragazzi e ragazze, che scandalosamente asseconda il sacro terrore che quasi tutti gli editori italiani hanno di veder comparire sulla copertina dei loro libri la parola "gay". A parte l’inspiegabile pruderie, il libro è uno strumento utilissimo per comprendere meglio il mondo dell’omosessualità nei paesi mediorientali. Anche attraverso un appassionante viaggio nei riferimenti culturali, molto più numerosi di quello che si potrebbe pensare: sono tanti (anche se non tutti tradotti in Occidente) i libri di autori mediorientali che hanno qualche riferimento ad amori gay o lesbici e alcuni di essi riescono a mettere questo tema al centro della trama senza cadere nella censura. Anzi, conquistando spesso un grosso successo. Discorso simile per il cinema, dove ci sono produzioni capaci di sfuggire al rogo censorio fin dagli anni Trenta, quando, come spiega Garay Menicucci citato da Whitaker, «il codice più usato per la rappresentazione cinematografica di gay e lesbiche è stato il travestitismo». Ma anche gli autori contemporanei, soprattutto egiziani come Youssef Chahine o Yousri Nasrallah, osano inserire riferimenti all’omosessualità nelle loro pellicole incuranti del "pericolo".

Citando libri, film, pensatori e politici, Whitaker cerca di costruire un quadro il più possibile completo della situazione in cui viene vissuta l’omosessualità in Medio Oriente, mettendo insieme i riferimenti culturali con la cronaca, la storia delle – poche – associazioni lgbt mediorientali con i riferimenti giuridici e biblici che ne sanciscono la condanna. È facile comprendere che ala fine la situazione appare più articolata di quello che ci si potrebbe immaginare: nei paesi islamici sono tanti i gay e le lesbiche che riescono a condurre una vita tutto sommato soddisfacente anche se, di contro, alcuni di loro non sfuggono ai severi controlli e subiscono punizioni disumane. Il solo limite del libro sta forse nel fatto di essere scritto da un occidentale, che inevitabilmente fa riferimento a valori e modelli di pensiero che sono diversi da quelli che presumibilmente adotterebbe un autore mediorientale.

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Questo contrasto emerge in maniera esemplare già quando ci si chieda se sia corretto ricorrere alle categorie di "gay" e "lesbica" in riferimento all’omosessualità così come viene vissuta e intesa nei paesi islamici, dove gli amori tra persone dello stesso sesso hanno avuto una storia che non contempla alcuno "Stonewall" ma che pure ha conosciuto momenti di grande accoglienza verso gli omosessuali. Come quello descritto dallo splendido romanzo di Massimo Carlotto, Cristiani di Allah (edizioni e/o, 200 pagine, 19,50 euro). Questo "noir mediterraneo", come viene definito nel sottotitolo, fa riferimento al mondo dei corsari che, nel Cinquecento, compivano incursioni e razzie in tutto il Mare nostrum. La storia prende avvio in Algeri, dove i corsari di Hassan Agha (personaggio realmente esistito che Carlotto ha descritto con piena fedeltà storica) combattono contro l’armata di Carlo V. Tra di loro, l’albanese Redouane e il tedesco Othmane, due ex-lanzichenecchi rinnegati che hanno abbandonato la loro religione abbracciando l’Islam per poter vivere tranquillamente il loro amore omosessuale.

Tra ricostruzioni storiche e toccanti pagine cariche di sentimento virile, il romanzo, a cui si accompagna un Cd audio con musiche scelte dall’autore, presenta una storia di amore tra uomini realmente inedita, quasi un Brokeback mountain del mondo corsaro. Una storia che è possibile anche ascoltare in alcuni teatri italiani in cui Massimo Carlotto porta in tournée la riduzione scenica del romanzo (info su www.massimocarlotto.it).

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