Inchiesta Arcigay/3: I conti non tornano

Buco nel bilancio e mistero sugli iscritti. Poca trasparenza e niente preservativi. Aspettando le cifre del 2008 che saranno approvate domenica abbiamo dato un'occhiata a quelle degli anni passati.

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Entrate degne di una piccola impresa che però non potrebbe

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permettersi di accumulare lo stesso debito. Insomma, se Arcigay fosse sul mercato sarebbe già fallita. È quanto emerge dalla terza puntata – forse una delle più dolorose – del nostro viaggio dentro l’associazione gay più importante nel panorama italiano e che dedichiamo alla sua situazione economica.

Il bilancio – Purtroppo non è stato ancora possibile analizzare il

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bilancio relativo al 2008 che sarà approvato solo domenica in un consiglio nazionale. Così come non ci è stato possibile accedere a dati più precisi relativi a quello del 2007 e in particolare al bilancio patrimoniale e alla relazione annuale, nonostante Gay.it avesse sollecitato da alcuni giorni la Segreteria Nazionale, che non ci ha fornito nessun nuovo documento. Abbiamo quindi preso in considerazione i soli dati degli estratti dai bilanci economici del 2006 e del 2007 pubblicati su Pegaso, la rivista ufficiale di Arcigay.

Il mistero degli iscritti – L’associazione deve la maggior parte

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delle sue entrate, ben il 79% del totale, alle tessere emesse dal cosiddetto circuito ricreativo e dai circoli politici sparsi sul territorio. Se per accedere ai locali affiliati alla rete Arcigay è obbligatorio pagare una somma di 15 euro in cambio di una tessera magnetica, solo dal  20 al 40 percento di questa viene destinata all’associazione mentre il restante 80-60 rimane al locale che la emette. Si parla di circa 463 mila euro che solo nel 2007 sono entrati nelle casse di Arcigay grazie al tesseramento. Eppure, nonostante la cifra sbalorditiva, il dato non corrisponde al totale degli iscritti dichiarato: 170 mila possessori di tessera magnetica. Se infatti si considerasse valido l’incasso dichiarato (e cioè 463 mila euro), significherebbe che da ogni tessera l’associazione ricava solo il 20% dell’importo totale. Ma siccome abbiamo detto che i locali le destinano fino al 40% di quei 15 euro, significa che c’è una cifra corrispondendte ad un altro 20% che non compare. Al contrario, se la cifra in bilancio (ricordiamola: 463 mila euro) corrispondesse effettivamente al totale ricavato dal tesseramento – come immaginiamo -, gli iscritti dovrebbero scendere ad appena 77 mila, e cioè quasi 100 mila in meno rispetto a quelli dichiarati ovunque.

Le altre entrate – Notevole anche il totale dei contributi privati,

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una voce che con 72 mila euro rappresenta inaspettatamente la seconda fonte di incasso dopo le tessere magnetiche. Una bella cifra da cui però non è possibile risalire ai benefattori. Per completare il quadro delle entrare vanno aggiunti gli scarsissimi contributi pubblici (7.500 euro) e quelli europei (25.500 euro). Il totale degli incassi ammonta alla cifra astronomica di 588.206 euro.

Le uscite – Quanto costa fare politica per i diritti di gay e

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lesbiche, affittando palchi, stand e via dicendo? E quanto invece costa la “macchina politica”, fra rimborsi spese di segreteria e del Presidente? Separare queste spese non è possibile perché sul bilancio tutti questi costi sono raggruppati in quella che rappresenta la più consistente voce di spesa. Nei 150 mila euro dichiarati (ma nel 2006 erano molti meno, 59 mila), confluiscono infatti manifestazioni, rimborsi spese, trasferte, noleggio delle attrezzature e affitto delle sale. A questi vanno aggiunti gli 80 mila euro per la retribuzione dei propri collaboratori. Non tutti, infatti, prestano la loro opera volontariamente. Si pensi, ad esempio, a chi viene richiesto un impegno costante e continuativo. Subito dopo le manifestazioni, Arcigay ha perso nel solo 2007 100 mila euro per ripulire – crediamo – vecchi crediti ormai non più riscuotibili (anche se non ci viene spiegato con esattezza il motivo). Seguono, come abbiamo detto, le retribuzioni dei collaboratori, le spese di gestione del circuito del tesseramento, e i materiali grafici come la rivista Pegaso.

Il mistero dei contributi lavorativi A fronte di almeno 130.000

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euro di compensi e rimborsi spese – senza tenere conto di quelli di Presidente e Segreteria, che crediamo difficilmente classificabili come compensi -, Arcigay paga 17.000 euro di “Imposte, tasse e contributi”, il 13% quindi. Un po’ pochi per i contributi INPS e INAIL, che normalmente ammontano almeno al 40%.

Le spese per la prevenzione AIDS – Taglio drastico di spese nel 2007: se nel 2006 Arcigay dichiarava di spendere circa 6.500 euro per acquistare preservativi e produrre materiale per la prevenzione dell’Hiv, nel 2007 non c’è traccia di questo tipo di costo. Mentre aumentano vistosamente altre voci, come quella relativa ai rimborsi spese.

Il buco – È evidente che la situazione economica in cui versa l’associazione è drammatica. La differenza tra entrate e spese genera un buco nel bilancio che ammonta a 52.607,25 euro nel 2007 (era di 56.996,19 nel 2006)  e nonostante i costi della prevenzione siano stati tagliati di netto. Sono numeri difficilmente giustificabili visti gli alti ricavi del tesseramento e che probabilmente sono destinati ad aumentare nel 2008.

La trasparenza – Ma il buco più clamoroso è nella scarsa

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trasparenza dei conti esaminati. Evitando di pubblicare il bilancio sul sito ufficiale – come fanno invece tante altre associazioni -, pubblicandolo senza relazione introduttiva e senza bilancio patrimoniale, evitando di usare il modello CEE ed accorpando voci diverse tra loro – come abbiamo visto sopra -, omettendo di distinguere tra costo della macchina organizzativa e costi vivi dei progetti e delle attività dell’associazione, Arcigay pecca gravemente sul lato della trasparenza. E questo non è un elemento secondario per aumentare di autorevolezza e chiedere poi ai propri associati – che spesso si avvicinano ad Arcigay in saune e discoteche, piuttosto che in circoli politici – di sostenere ulteriormente l’associazione con il proprio 5 per mille o con lasciti testamentari.

I volontari – L’articolazione territoriale dell’associazione è fatta da

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circoli politici sparsi capillarmente un po’ovunque. Ad oggi ci sono 45 fra comitati provinciali e comitati promotori e 5 coordinamenti regionali in cui sono impegnati centinaia di volontari (ma il numero esatto è difficile da quantificare). Le pecche di un bilancio in rosso, non equilibrato dal punto di vista delle spese e dei guadagni, che dà troppo a qualcuno e nulla a qualcun altro, ricadono sprattutto su di loro. Si tratta infatti di ragazzi e ragazze che spendono il loro tempo – ci piace ricordare gratuitamente – organizzando stand, banchetti informativi, manifestazioni cittadine, volantinaggi, distribuzioni di materiale per la prevenzione dell’Hiv. Un piccolo esercito di volenterosi troppo spesso costretti a confrontarsi con l’ingratitudine della comunità lgbt per cui operano e con le poche risorse messe in campo dall’associazione nazionale. A loro e al loro lavoro dedicheremo la prossima puntata della nostra inchiesta.

di Daniele Nardini

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