IO, VIRGINIA E IL MONDO GAY

Intervista a Micheal Cunningham, lo scrittore che con "Le ore" ha vinto il premio Pulitzer, per la prima volta assegnato a un libro a tematica gay. In Italia sta per uscire una raccolta di racconti.

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Qualche domanda a Michael Cunningham il celebre autore di "Le ore" (clicca qui per maggiori informazioni), il romanzo che nel 1999 ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa. Di Cunningham, Bompiani ha in uscita un nuovo libro, "Mr Brother". Gli abbiamo chiesto di cosa tratta. "Il nuovo libro è una raccolta di tre differenti pezzi che ho scritto nell’arco di sei anni. "Fratello" (Brother) è un racconto apparso negli Stati Uniti in una rivista chiamata «DoubleTake» e poi incluso nella O. Henry Collection una pubblicazione annuale che ha l’intento di raccogliere i 20 migliori racconti dell’anno. "Puttana" (Whore) è una cosa che ho scritto per una rivista gay chiamata «Fruit» che ebbe breve vita (credo che uscirono due soli numeri). Il terzo è un saggio su Virginia Woolf che ho scritto come prefazione a una nuova edizione del suo primo romanzo "La crociera" (The Voyage Out)”>.

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Virginia Woolf è sempre stato il tuo mito letterario. Di cosa parla il pezzo pubblicato in questa raccolta?

È semplicemente un saggio su "The Voyage Out". Questo libro mi ha sempre affascinato, in parte perché tutto quello che la Woolf ha fatto mi affascina e in parte perché non è un grande romanzo ma contiene chiarissime tracce di quella grandezza che rivelerà più tardi. La Woolf, come molti di noi, voleva essere accettata, amata e letta. Le sue due prime opere sono romanzi relativamente convenzionali coi quali sperava di far presa su un vasto pubblico, ma non ci riuscì. Questi due libri furono pubblicati dalla casa editrice Duckworth and Co che era posseduta e gestita dal fratellastro maggiore, il quale l’aveva molestata quando era una bambina. Sembra chiaro che lei volesse compiacere il suo pubblico ma, costretta dalla richieste dell’editore (senza parlare delle complicazioni connesse a questo particolare editore), non voleva produrre niente che potesse essere con- siderato troppo strano per essere dato alle stampe. Subito dopo, con il marito Leonard diede vita a una propria casa editrice e si sentì libera di pubblicare quello che le pareva. Ciò avvenne quando cominciò a scrivere i suoi grandi libri, primo fra tutti, "La camera di Jacob" (Jacob’s Room) e poi il suo immortale quarto romanzo "Mrs Dalloway". Cominciò a produrre grandi cose solo quando si sentì libera di scrivere quello che voleva, libera dall’eventualità di un rifiuto o dall’umiliazione dell’editing.

Quali sono le conseguenze del Premio Pulitzer per uno scrittore? Ti ha portato fama vendite, successo. Ma di fronte alla pagina bianca, ti aiuta o ti spaventa?

Il Pulitzer è stato un aiuto e un intralcio allo stesso tempo. Naturalmente è un po’ ridicolo attribuire premi ai libri dando a intendere che di tutti quelli pubblicati in un dato anno uno è il migliore. Non possono essere comparati in questa maniera: ciascun buon romanzo è buono a suo modo. Comunque, io non ho dato indietro il premio. Come la Woolf, mostro perlomeno di gradire un certo grado di attenzione. E poi è fantastico avere un pubblico più vasto, come ho adesso.

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Mi entusiasma che "Le ore" sia stato il primo romanzo sui gay a vincere il Pulitzer. Ma, come puoi immaginare, mi produce anche un certo dilemma su cosa scrivere dopo. Ho sempre scritto lontano da qualsiasi furore perché mi sono sentito poco letto, sottostimato e sottopagato. Ora trovo di essere sovrastimato e super pagato. E quando ottieni un successo come questo la tendenza generale di tutti è di rimanere delusi di qualsiasi cosa scrivi dopo. Ho dunque deciso di usare questo senso di imminente insuccesso a mio favore. Se è probabile che tutti odieranno il prossimo romanzo, allora sono assolutamente libero di scrivere quello che voglio. È un po’ come la Woolf quando avviò la sua casa editrice. È stupido non approfittare di questa occasione e scrivere il più grande, il più strano libro al quale possa pensare.

Così tanti riconoscimenti ai tuoi scritti hanno aiutato la letteratura gay? E, a proposito, pensi che la letteratura gay esista o che sia solo un genere?

Mi auguro che i miei romanzi abbiano fatto qualcosa per le attuali battaglie dei gay, anche se ovviamente è impossibile dirlo. Non so se i romanzi cambino il mondo, ma tentare di comunicare a chi ti legge che i gay sono complessi come chiunque altro, tentare di portare più persone dalla parte di personaggi omosessuali, può essere solo una buona cosa. Per quanto riguarda la letteratura gay in generale, penso che per anni abbiamo avuto bisogno del nostro proprio genere: libri scritti da gay e destinati principalmente a persone omosessuali. Siamo stati assenti dalla letteratura per parecchio tempo: scrittori gay come Ernest Hemingway e Marcel Proust hanno scritto di uomini camuffandoli da donne. Tuttavia, mi sento pronto per una letteratura più generale di cui libri di o su persone omosessuali sono parte integrante. Leggo ogni genere di libri, e ritengo che i miei lettori facciano lo stesso. Voglio leggere e scrivere del più vasto mondo possibile, un mondo in cui ci sia gente gay, gente etero e così via.

In Italia abbiamo letto i tuo romanzi esattamente nell’ordine inverso in cui sono apparsi negli Stati Uniti. Pensi che ciò sia favorevole o sfavorevole alla tua fortuna nel nostro paese?

È un po’ strano essere stati pubblicati al contrario. È un po’ come conoscere qualcuno alla tua attuale età, andare via, e incontrarlo di nuovo essendo te stesso ma dieci anni più giovane. Non sgradevole, ma bizzarro!

Di Michael Cunningham, Bompiani ha pubblicato i seguenti titoli, acquistabili anche su Gayshopping.it (clicca qui)

Le ore (The Hours, 1999), trad. di Ivan Cotroneo, Bompiani, 1999.

Carne e sangue (Flesh and Blood, 1995), trad. di Ettore Capriolo, Bompiani, 2000.

Una casa alla fine del mondo (A House at the Edge of the World, 1991), trad. di Ettore Capriolo, Bompiani, 2001.

di Alberto Bartolomeo

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