Nunzia De Girolamo ha fatto tutto quello che non andrebbe fatto per raccontare la violenza di genere in tv: durante la puntata di Avanti Popolo andata in onda il 31 ottobre su Rai 3, la giornalista ha intervistato la ragazza sopravvissuta allo stupro di gruppo di Palermo lo scorso 7 Luglio, con una parata di domande morbose e pietismo non richiesto.
“Mi dispiace leggerti queste frasi ma devo farlo” dice Girolamo alla ragazza, prima di leggerle le frasi degli stupratori o sottoporla al victim blaming dei palermitani sul maxi schermo, tra il sempreverde ‘com’era vestita‘ o il solito slut shaming.
Se la ragazza ha accettato l’invito e il trattamento ricevuto (in quanto chiunque si autodetermina come ritiene necessario e non va colpevolizzato, ulteriormente, anche per questo), la narrazione proposta dal programma è quella della pornografia del dolore, violando – come reso noto dai CPO Rai e USIGRai – i compiti del servizio pubblico radiotelevisivo e in pieno contrasto con le policy di genere: “I basilari principi della deontologia professionale nell’esporre, per giunta a così poco tempo dai fatti di Palermo, una sopravvissuta alla spettacolarizzazione del proprio stupro e alla vittimizzazione secondaria cui si è assistito nel corso del programma“.
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Lo scrivono e firmano in una lettera aperta alla RAI, centinaia di intellettuali, giornalisti e giornaliste, scrittori e scrittrici, operatrici e operatori dell’informazione e dello spettacolo, rappresentanti di associazioni, attiviste e attivisti, survivor, cittadini e cittadine, evidenziando come anche questa volta, una rete del servizio pubblico – oltre ad ignorare le policy di genere approvate dal CdA Rai, le linee guida del Manifesto di Venezia e del contratto giornalistico, insieme alle voci di associazioni, movimenti e sopravvissute – ha di nuovo ridotto la violenza di genere ad una chiacchierata da bar.
Tra le firme di Ilaria Maria Dondi (direttrice del portale Roba da Donne), Ilaria Cucchi, Daniela Collu, Marina Cuollo, Vera Gheno, Teresa Ciabatti, Carlotta Vagnoli, Diego Passoni, Simone Alliva e tantissimə altrə, la lettera ribadisce l’incompetenza del medium televisivo di trattare una tematica così delicata e urgente, passando il microfono alle survivor solo per infantilizzarle e spettacolarizzarne il trauma, e servendole alla mercé del pubblico: perfettamente libero di dire sì o no, senza alcuna tutela per chi l’ha vissuto.
Qualche puntata prima Girolamo aveva definito il comportamento di Andrea Gianbruno – ex di Giorgia Meloni che nel fuori onda ha proposto di unirsi ad un threesome mentre si toccava il pacco – solo ‘un gioco‘.
Quando l’opinionista Patrizia Scerbo ha preso il microfono per ribadire che la vera tragedia non è la separazione tra la premier e il compagno, ma quella delle donne molestate sul luogo di lavoro, Girolamo ha ribattuto con tanti di ‘però’: “Non mi pare ci sia stata una donna che abbia detto di essere stata molestata” ha risposto la conduttrice, invitando a lasciar perdere le immagini, perché Gianbruno “ha sicuramente sbagliato atteggiamento, ma parlare di molestie è eccessivo”.
Ancora una volta dentro uno studio televisivo la violenza di genere è stata normalizzata e accomodata, per non disturbare nessuno e continuare a prestarci al solito racconto superficiale propinato da anni. Appena in tempo per farci un piantino a buon mercato il prossimo 25 Novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne).
“Chiediamo pertanto che i vertici dell’azienda – in vista del 25 Novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – prendano posizione sull’accaduto e si assumano la responsabilità di una gestione dell’informazione e del servizio pubblico adeguata al ruolo informativo, culturale e sociale della RAI” scrivono nella lettera “Esigiamo altresì che il tema della violenza di genere sia trattato con competenza e deontologia, garantendo alle vittime il rispetto e la dignità indispensabili, secondo le modalità sancite dalle linee guida già citate, nonché dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul che, ricordiamo, l’Italia ha firmato nel 2013, ma ancora non trova applicazione neppure nel servizio pubbico RAI”.
Di seguito il testo integrale della lettera, qui il documento originale con le firme:
All’attenzione
della Presidente RAI, Marinella Soldi
e a tutto il Consiglio di Amministrazione Rai,
dell’Amministratore Delegato, Roberto Sergioe per conoscenza a
Giacomo Lasorella, Presidente Agcom
Carlo Bartoli, Presidente Ordine dei Giornalisti
e organi competentiOggetto: richiamo alla deontologia dopo la trasmissione Avanti Popolo del 31 ottobre 2023.
Lettera firmata da intellettuali, giornaliste e giornalisti, scrittrici e scrittori, operatrici e operatori dell’informazione e dello spettacolo, rappresentanti di associazioni, attiviste e attivisti, survivor, cittadine e cittadini.
2 novembre 2023 – In data 31 ottobre 2023, nel corso della trasmissione Avanti Popolo in prima serata Rai 3, la conduttrice Nunzia De Girolamo ha intervistato la ragazza sopravvissuta allo stupro di gruppo di Palermo, di cui scegliamo di non riportare qui il nome e altri dettagli personali per non contribuire ulteriormente alla loro diffusione, per le evidenti ragioni di rispetto e tutela della privacy delle vittime di reati sessuali.
Premesso che la ragazza, maggiorenne, ha scelto di accettare l’invito in trasmissione per parlare della sua storia, e che questo va rispettato poiché rientra nell’autodeterminazione, intendiamo evidenziare – come già riportato nella nota diffusa dai CPO Rai e USIGRai – l’avvenuta violazione dei basilari principi della deontologia professionale nell’esporre, per giunta a così poco tempo dai fatti di Palermo, una sopravvissuta alla spettacolarizzazione del proprio stupro e alla vittimizzazione secondaria cui si è assistito nel corso del programma.
In qualità di intellettuali, giornaliste e giornalisti, scrittrici e scrittori, operatrici e operatori dell’informazione e dello spettacolo, rappresentanti di associazioni, attiviste e attivisti, riteniamo che la modalità di intervista incalzante nei confronti della sopravvissuta e la conduzione adottate da De Girolamo rappresentino un esempio inaccettabile di pornografia del dolore.
Nel corso della trasmissione la conduttrice – che prendiamo atto non essere giornalista ma vincolata a contratto aziendale – ha di fatto costretto la vittima a rivivere nel dettaglio gli abusi subiti, con tanto di lettura al suo cospetto delle frasi degli stupratori. “Mi dispiace leggerti queste frasi ma devo farlo”, dice De Girolamo che, a ogni evidenza, non doveva ma ha scelto di farlo, “in contrasto – come spiega anche la nota CPO Rai e USIGRai – con le policy di genere approvate dal consiglio di amministrazione della Rai. Nonché, nello specifico del lavoro giornalistico, della Carta di Venezia richiamata dal contratto giornalistico aziendale.”
Come se questo non bastasse, la ragazza è stata sottoposta con superficialità inaudita e lesiva della propria persona a reiterati e costanti episodi di colpevolizzazione e vittimizzazione secondaria, dal momento in cui è stata costretta ad ascoltare sia le intercettazioni degli stupratori, sia la vox populi social (riprodotta graficamente sugli schermi in studio) che, analizzati arbitrariamente e morbosamente i vestiti, gli usi e gli atteggiamenti della giovane sulle proprie piattaforme digitali, ha sancito la colpevolezza della vittima esposta a slutshaming nel corso del programma.Facciamo nostra pertanto la nota sopraccitata, nel dire che “poco importa che la conduttrice alla fine del servizio dica che ‘questo la rende vittima due volte’. La trasmissione, nella modalità del racconto, ignora i compiti del servizio pubblico radiotelevisivo”.
Ci troviamo quindi a constatare che, ancora una volta, su una rete del servizio pubblico la violenza di genere è stata declinata a tema da salotto e opinione, ignorando le policy di genere approvate dal CdA Rai, le linee guida del Manifesto di Venezia e del contratto giornalistico, nonché le voci di associazioni, movimenti e sopravvissute.
Vogliamo altresì affermare con forza che tale incompetenza nella trattazione del tema, come qualsiasi spettacolarizzazione della violenza di genere, sono tanto più inaccettabili, soprattutto se a perpetrarle è il servizio pubblico radiofonico e televisivo nazionale.
Chiediamo pertanto che i vertici dell’azienda – in vista del 25 Novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – prendano posizione sull’accaduto e si assumano la responsabilità di una gestione dell’informazione e del servizio pubblico adeguata al ruolo informativo, culturale e sociale della RAI. Esigiamo altresì che il tema della violenza di genere sia trattato con competenza e deontologia, garantendo alle vittime il rispetto e la dignità indispensabili, secondo le modalità sancite dalle linee guida già citate, nonché dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul che, ricordiamo, l’Italia ha firmato nel 2013, ma ancora non trova applicazione neppure nel servizio pubblico RAI.
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