Tirata d’orecchie per la Lituania: nei giorni scorsi, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha sollecitato il governo a prendere misure decisive per regolamentare più chiaramente le procedure di riassegnazione di genere, facendo seguito a una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) risalente a più di 15 anni fa.
Paese fortemente influenzato dal proprio retaggio sovietico poiché parte della Federazione Russa fino ai primi anni 90’, la Lituania è stato indipendente dal 1991, e parte dell’Unione Europea dal 2004, nell’ambito di uno dei più significativi allargamenti nella storia dell’UE, che ai tempi segnò l’adesione di 10 nuovi stati membri.
Un momento cardine nel processo di integrazione europea, simbolo della riunificazione dopo decenni di divisione durante la Guerra Fredda.
La Lituania si trovò allora a fare i conti con la pesante influenza sovietica sulle proprie politiche, e andò incontro a un profondo processo di rinnovamento per adeguare i propri regolamenti a quelli dell’UE – anche in ambito di diritti delle minoranze e comunità LGBTQIA+.
La situazione dei diritti LGBTQIA+ in Lituania
Sebbene le relazioni omosessuali, sia maschili che femminili, siano legalmente accettate, la Lituania non riconosce ancora le unioni civili né i matrimoni tra persone dello stesso sesso, lasciando le coppie omosessuali prive di riconoscimento legale.
Le identità non conformi, benché legali, sono inoltre ancora oggetto di atteggiamenti negativi diffusi. Sondaggi hanno mostrato una profonda resistenza culturale all’accettazione dell’omosessualità: un’indagine GLOBSEC del marzo 2023 ha rivelato che solamente il 22% dei cittadini lituani appoggia il matrimonio tra persone dello stesso sesso, con una marcata opposizione (60%) e una significativa percentuale di indecisi (18%).
Questo pone la Lituania tra i paesi dell’Unione Europea con il minimo sostegno per il matrimonio omosessuale, superata solo dalla Bulgaria.
Per quanto riguarda la popolazione transgender, nonostante il riconoscimento di alcuni progressi — come la consolidazione della giurisprudenza interna che permette la modifica dei documenti ufficiali anche in assenza di un intervento chirurgico completo di riassegnazione di genere, il diritto a richiedere il rimborso dei costi per alcune procedure mediche, e la legislazione secondaria che consente la modifica dei nomi in linea con l’identità di genere — l’UE evidenzia da quasi vent’anni la mancanza di un quadro legislativo chiaro che regoli le condizioni e le procedure per la chirurgia di riassegnazione di genere.
Un cambiamento possibile oggi più che mai, grazie al governo liberale – seppur di centrodestra – della premier Ingrida Šimonytė, che più volte ha dimostrato il proprio sostegno per la causa LGBTQIA+ e per le questioni progressiste.
Rimane da osservare se il paese riuscirà a superare il punto morto legislativo che ha caratterizzato il periodo precedente, anche attraverso un’intensa attività di educazione e sensibilizzazione rivolta alla popolazione per promuovere l’accettazione delle identità non conformi.
Lituania e Russia
La posizione della Lituania, al confine con la Russia, aggiunge naturalmente una dimensione geopolitica complessa – visti i trascorsi conflittuali tra i due paesi. Dopo diversi tentativi di riannessione, la Russia riconobbe con fatica l’indipendenza di questo piccolo stato confinante solo nel 1991, lasciando però profonde orme culturali e sociali sulla sua popolazione.
La Russia è notoriamente conosciuta per le sue politiche e atteggiamenti omofobi, spesso in contrasto aperto con i valori e gli standard dei diritti umani promossi dall’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa.
In questo momento critico, la Lituania si posiziona come avamposto dell’Unione Europea, avendo l’opportunità distintiva di ribadire i principi fondamentali di apertura e inclusione, pilastri dell’UE, in netto contrasto con le politiche della vicina Russia.
L’adozione di una legislazione chiara e comprensiva sulla transizione di genere in Lituania avrebbe infatti non solo un impatto significativo sulle vite delle persone transgender nel paese, ma servirebbe anche come modello per altri stati membri del Consiglio d’Europa ancora sotto l’influenza sovietica.
La decisione del Comitato dei Ministri di riprendere in considerazione il caso entro marzo 2025 pone una scadenza implicita, che la comunità internazionale, insieme alle organizzazioni per i diritti umani e LGBTQIA+, monitorerà con attenzione nei prossimi mesi.
La Lituania si trova quindi di fronte a una scelta cruciale: procedere lungo il percorso della progressività e dell’inclusione, o rimanere ancorata a un’inerzia legislativa che la tiene indietro rispetto ai suoi vicini e agli standard internazionali, e quindi vulnerabile alle influenze esterne.
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