Prima, molto prima di Lady Gaga, c’era un artista australiano, naturalizzato inglese, che di sé fece una ‘maschera totale’: cioè spariva completamente sotto i suoi colorati, mirabolanti, fantasiosi vestiti patchwork. Si chiama Leigh Bowery, è esploso negli anni ’80 ed è mancato di Aids trentatreenne l’ultimo giorno nel 1994. Prima di spirare disse alla moglie Nicola Bateman, sposata sette mesi prima pur essendo gay dichiarato: "Fa’ sapere loro che sto allevando maiali in Bolivia".
Un eccentrico ispiratore avanguardista di tendenze, entertainer e fashion designer, eclettico e trasversale, da cui presero a piene mani sia Vivienne Westwood che il compianto Alexander McQueen: grande amico di Boy George, con Richard Torry fondò il gruppo Minty senza successo e divenne promoter del club inglese cult Taboo in Leicester Square.
È possibile scoprire la sua anima artistica nella mostra fotografica di Fergus Greer e Johnny Rozsa About Leigh Bowery a cura di Carlo Madesani, in programma a Milano fino al 14 aprile presso la galleria Camera 16.
Un caleidoscopico excursus su un artista "stravagante" per definizione che era anche un clown niente affatto malinconico, quanto piuttosto un giullare postmoderno in grado di giocare con quella che sarebbe diventata l’estetica pop anni ’80, tra maquillage deformato e cromatismi squillanti, già drag queen antesignana, parodiante l’immortale Divine o stagliata su tacchi vertiginosi in abiti aderenti pre-gender i cui disegni si moltiplicano sul volto e sugli arti, quasi a rappresentare un’ideale continuità tra abito e abitato, quindi forma e contenuto.
Fu persino modello del grande Lucian Freud, nipote del padre della psicanalisi, abile ritrattista (dalla Regina Elisabetta a Kate Moss) deceduto il 21 luglio scorso: la Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba gli dedicherà l’interessante mostra Freud-Rembrandt. Incisioni (sabato 17 marzo – domenica 13 maggio) a cura di Vincenzo Gatti in cui dieci sue incisioni saranno accostate ad altrettante preziose opere di Rembrandt di particolare rarità provenienti da collezioni private. L’ultimo ritratto di Leigh Bowery fu proprio il suo, in cui si vede con gli occhi chiusi: dormiente, morto o meditante, definito ‘il migliore, il più preveggente’ nel bel documentario del 2002 ‘The legend of Leigh Bowery’ di Charles Atlas.
Fergus Greer e Johnny Rozsa conobbero Bowery nel 1986 e collaborarono con lui fino alla morte: il primo ha anche pubblicato il libro ‘Leigh Bowery Looks’ in cui è possibile ammirare alcuni scatti esclusivi mentre il secondo lavorò con Bowery per una serie di originali e incasellabili cartoline natalizie in cui appare con finta torta e candela in testa, Veuve Cliquot in mano ed espressione mesta con cuore rosso fuoco stampato sulla bocca oppure trasfigurato in improbabile albero di Natale immerso in una vaporosa tinozza mentre si guarda intorno con curiosità mista a provocazione sexy.
"Cerco di avere la migliore immagine possibile – disse Leigh Bowery -. Grazie alla mia individualità e potenza espressiva".
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