Mentre prosegue al Senato il dibattito sul ddl Cirinnà, con la presentazione degli emendamenti alle unioni civili che si è tenuta stamattina, il dibattito politico è tutto concentrato sulle soluzioni da un lato per aggirare l’ostruzionismo della Lega Nord ed i suoi quasi 5.000 emendamenti che, se votati singolarmente (o anche a gruppi), farebbero durare il dibattito per mesi, dall’altro per essere sicuri di non rischiare incidenti parlamentari, con l’inedita maggioranza – PD, M5S, verdiniani, misto ed autonomisti – che ha votato no compatta ieri alla mozione di Calderoli ma che rischia di andare in fumo su qualche votazione scivolosa.
La soluzione c’è ed è il canguro. Il canguro rainbow, lo chiameremo in onore a #SanremoArcobaleno ed al tripudio di fiocchi dei sei colori che in queste prime sere del Festival sono apparsi sul palco dell’Ariston. Il “canguro” è, in gergo parlamentare, una terribile arma contro l’ostruzionismo: un emendamento, cioè, che è stato scritto in modo tale da eliminare in massa tutti gli altri emendamenti, una volta approvato. Ma la soluzione è posticcia: perché l’emendamento “canguro rainbow” al ddl Cirinnà, mortificherebbe in modo irreparabile la pattuglia dei senatori cattodem del Partito Democratico, che si vedrebbero i loro emendamenti fatti fuori con una sola votazione. Ed allora il “canguro rainbow” si minaccia, ma in realtà si sa bene che potrà essere utilizzato solo come ultima spiaggia, perché determinerebbe uno strappo non semplicemente riparabile all’interno del gruppo del PD al Senato, con conseguenze sulla tenuta dello stesso governo.
Ed allora, la strada che in molti stanno percorrendo è quella di una mediazione sulla stepchild e sull’articolo 5 che la prevede. Ma anche qui il problema non è tanto quello di trovare una mediazione, ma qual’è il punto di caduta della mediazione stessa. Perché secondo alcuni deve essere tale da non mortificare troppo i cattodem e possibilmente portarsi con sé qualche voto dell’NCD, e secondo altri deve avere la capacità opposta, di essere certi che il M5S continui a sostenere la legge e l’orientamento del movimento LGBT, che sostanzialmente è favorevole alle unioni civili pur tenendo fermo il punto di principio sul matrimonio egualitario, non cambi di troppo.
La coperta è corta. Cortissima. Ed il punto di equilibrio, per usare una espressione del “politichese”, è difficile da trovare. A disposizione ci sono pochi emendamenti tra i quali pescare che potrebbero, una volta trovato l’accordo, essere inglobati nel canguro e quindi passare con certezza: quelli che la stepchild la delegano al governo che entro sei mesi sarebbe quindi delegato a legiferare in materia (emendamento Pagliari) o quelli che la subordinano ad un periodo di pre-affido di 2 anni (emendamento Marcucci) o ad una dichiarazione sostitutiva di atto notorio del genitore parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, che attesti che il figlio è nato senza il ricorso a tecniche riproduttive vietate dall’ordinamento giuridico italiano (emendamento Chiti). Di certo, non sull’emendamento Lumia, che cambia pochissimo i termini della questione, ribadendo solo che la stepchild si fa passando dal giudice: e questo è considerata una mediazione del tutto inaccettabile per i cattodem.
E’ per questo che il capogruppo del PD Zanda ha voluto prendersi tutto il weekend: per cercare in ogni modo una possibile mediazione. All’interno del PD, certo, ma anche col Movimento 5 Stelle e gli altri gruppi parlamentari favorevoli al ddl Cirinnà. Non ci rimane che aspettare. Con un’unica certezza: per riprendere la frase di Alberto Airola, il “pasionario” delle unioni civili dei cinque stelle, non vediamo anche noi l’ora che si voti. Che la vada o che la spacchi. Comunque vada, almeno questa lunga agonia sarà terminata.
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