Elezioni USA 2024, Donald Trump vs. Ron DeSantis. È incubo omobitransfobia con il candidato repubblicano

La comunità LGBTQIA+ d'America è in trincea: sia Ron che Donald hanno promesso passi indietro sui diritti LGBTIQ+ e non solo.

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Le imminenti primarie del Partito Repubblicano si terranno tra i mesi di gennaio e luglio del prossimo anno, in vista delle elezioni nazionali che si svolgeranno il 5 novembre 2024. Chi dovrà sfidare Joe Biden, candidato democratico nonché presidente uscente?

Ad oggi sono otto i nomi principali, ovvero il Governatore del Dakota del Nord Doug Burgum; il Governatore del New Jersey Chris Christie; l’ex Governatrice della Carolina del Sud Nikki Haley; l’ex Governatore dell’Arkansas Asa Hutchinson; il Presidente esecutivo della Strive Asset Management Vivek Ramaswamy; il Senatore per la Carolina del Sud Tim Scott; e soprattutto loro due, l’ex Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump e l’attuale governatore della Florida Ron DeSantis.

La battaglia interna al partito repubblicano sarà tra il 77enne Donald e il 45enne Ron, ex amici ora nemici, legati da una visione politica estremista, vicina come non mai alla destra razzista, misogina e omobitransfobica.

Nell’ultimo anno e mezzo Ron DeSantis ha tramutato la Florida in una sorta di inferno in terra per la comunità LGBTQIA+ d’America.

La tristemente celebre legge Don’t Say Gay, che vieta di nominare l’omosessualità nelle scuole, l’attacco alle drag queen e alle persone transgender, la guerra alla Disney che è già costata un investimento da un miliardo di dollari. La Human Rights Campaign ha diramato un comunicato ufficiale sconsigliando alle persone LGBTQIA+ di partire per la Florida, proprio a causa delle leggi omotransfobiche volute dal presidente. “Chi visita la Florida dovrebbe unirsi a noi e alzare la voce contro scelte politiche pericolose. Chi invece ha scelto un’altra parte del mondo per lavorare, andare a scuola o in vacanza, deve dire a chiare lettere perché non è venuto qui”, ha tuonato Kelley Robinson, presidente dell’organizzazione. Anche la NAACP, ovvero la più antica associazione pro diritti civili degli States, ha denunciato le politiche di DeSantis come “apertamente ostili rispetto agli afroamericani, in generale alle persone di colore e alle persone LGBTQ+”. Noncurante delle critiche, DeSantis, cristiano cattolico con 3 figli e un’ex conduttrice tv come sposa, ha proseguito sulla strada delle leggi omotransfobiche vietando l’assistenza ai minori per l’affermazione del genere, vietando alle persone trans l’utilizzo del bagno se non corrispondente al sesso loro assegnato alla nascita. In linea con il Tennesee, anche la Florida ha abbracciato una propria legge anti-drag che impedisce ai minori di assistere a spettacoli, con i locali che li ospitano a rischio ritiro della licenza. Definita anticostituzionale da un giudice, sarà ora trascinata fino alla Corte Suprema per volere dello stesso governatore. Pochi mesi fa la Florida ha approvato una delle leggi più restrittive d’America contro l’aborto, ora vietato dopo le prime sei settimane di gravidanza.   Se dovesse arrivare alla Casa Bianca, DeSantis proverebbe a traslare questa visione politica sul piano nazionale. “Great american comeback“, ovvero la grande rivincita americana, è lo slogan scelto dal governatore della Florida per questa campagna elettorale, a scimmiottare quasi il celebre “Make America Great Again” di trumpiana memoria.

Non a caso Donald Trump lo teme, tanto dall’averlo già ribattezzato “Desanctimonius“, l’ipocrita.

4 anni dopo aver perso la riconferma alla Casa Bianca contro Joe Biden, il tycoon cerca la rivincita apparentemente impossibile, da pluri-condannato. Nel farlo ha già promesso che se dovesse tornare alla Casa Bianca vieterebbe ufficialmente a tutte le atlete trans di competere in qualsiasi sport, la transizione di genere per i minori e riprestinerebbe il divieto militare per le persone trans. Una campagna elettorale, la sua, tutta fondata sulla transfobia dura e pura, quasi rivendicata con orgoglio.

Nel suo primo e unico mandato Trump si è allineato con i gruppi evangelici di destra e ha da subito cavalcato posizioni omotransfobiche, con quasi 200 attacchi diretti alla nostra comunità in 48 mesi.

In 4 anni la sua Casa Bianca ha nominato giudici federali con precedenti chiaramente anti-LGBTQ+, ha cercato di legalizzare la discriminazione sul posto di lavoro e di cancellare le protezioni per le persone transgender in ambito sanitario, ha emanato una politica volta ad espellere i militari sieropositivi e ha bandito le persone LGBTQI+ dell’esercito, dichiarando guerra persino ai bagni per le persone trans, ha provato a bloccare il censimento sugli americani LGBTQ+, ha negato i visti ai partner dello stesso sesso di diplomatici stranieri.

Il partito repubblicano diviso tra Trump e DeSantis è un partito sempre più estremista.

La comunità LGBTQIA+ d’America è in trincea, a prescindere da chi dovesse vincere le primarie, perché sia Ron che Donald hanno promesso l’inferno in Terra. Se da ex presidente Trump ha già ampiamente dimostrato tutta la propria ossessione nei confronti delle persone LGBTQIA+, dal canto suo DeSantis ha tramutato la Florida nel nuovo laboratorio omobitransfobico d’America.

Sondaggi alla mano, Trump è nettamente in vantaggio nei confronti del rivale.  Ad oggi avrebbe oltre il 55% delle possibilità di vincere le primarie di partito, con Ron secondo e lontanissimo a quota 14%. Un barlume di speranza dinanzi a cotanto odio politico, perché se Donald dovesse conquistare le primarie e sfidare Joe Biden, i sondaggi lo darebbero perdente. Se invece fosse DeSantis a sfidare il presidente uscente la sfida sarebbe più aperta e complicata per i dem, con gli elettori che potrebbero cedere all’anagrafe (35 anni di  differenza) e alla carta della ‘novità’ rappresentata dall’italoamericano.

Comunque vada, solo Joe Biden potrà evitare altri quattro anni da incubo per milioni di americani.

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