Sabrina, dipendente dell’Ospedale Manzoni di Lecco, era già stata presa di mira da degli omofobi, che l’avevano attaccata per la sua omosessualità. Nei giorni scorsi però hanno esagerato: sulla porta del suo armadietto, è comparsa la scritta “Vai fuori di qua lesbica“. La donna 34enne non se l’aspettava, perché un conto sono le offese infantili, altra cosa è se si tratta di un vero atto vandalico. Proprio per questo a Sabrina ha fatto male quella scritta, quasi sicuramente realizzata da un collega.
Sabrina ha capito di essere lesbica solo l’anno scorso, quando ha conosciuto una ragazza che nel 2020 diventerà sua moglie. Con 4 figli avuti da una precedente relazione, la donna racconta al Giornale di Lecco quanto è stata dura vivere liberamente la sua sessualità, soprattutto sul posto di lavoro.
A pronunciare le frasi più pesanti nei miei confronti sono soprattutto le donne. E le colleghe sono le più feroci. Già qualcuna mi aveva detto che nello spogliatoio non ero la benvenuta. Il 23 settembre scorso ho trovato la scritta. Per due giorni non sono più entrata nello stanzino, dove, per altro, resto solo pochi minuti, occhi bassi, il tempo di cambiarmi rapidamente per non mettere a disagio nessuno.
Nonostante Sabrina abbia tutto il diritto di utilizzare lo spogliatoio femminile, cercava sempre di non mettere a disagio le colleghe, sbrigando in fretta le sue cose per uscire al più presto. Ma dopo questo fatto, non si è fatta intimidire di certo.
Omofobia nell’ospedale di Lecco: la scritta l’ha lasciata lì
Sabrina, sfidando le sue colleghe omofobe e forse autrici della scritta, ha deciso di tornare nello spogliatoio, come è giusto che sia. Non ha nemmeno cancellato la scritta, anche se ci hanno pensato le donne delle pulizie, dopo 10 giorni dalla sua comparsa. Ora, ha parlato con i sindacati e sporgerà denuncia per atti vandalici. La sua volontà ora è quella di portare avanti una battaglia “per tutti quelli che vengono discriminati in ospedale e in generale sul posto di lavoro“.
Sempre al quotidiano, racconta che la notizia della sua omosessualità è stata data dal suo ex ragazzo. L’outing si è diffuso “di reparto in reparto“, e nel giro di poco tutto l’ospedale lo sapeva. E sono iniziati anche gli insulti, nemmeno troppo velati. Una, tra le tante, da parte di una collega: “Sette mesi fa eri un’altra persona. Ora sei malata“.
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Ho scritto incapacità di partecipare a concorsi pubblici, ma intendevo dire in generale, incapacità di lavorare nella pubblica amministrazione, a qualsiasi titolo ed in qualsiasi forma, comprese collaborazioni esterne, con o senza retribuzione etc.
1) deve denunciare la collega che le ha detto che ora è MALATA. La collega, dunque un'infermiera, che dica che una lesbica è malata deve essere licenziata. 2) Se non ha la prova, come immagino, di quelle parole dette illo tempore, le suggerisco di farsi furba e registrare tutte le "belle parole" che le rivolgono. Queste signore che discriminano devono essere licenziate. 3) suggerisco a tutti noi, ognuno al partito che vota, di chiedere che si preveda: a) che un atto discriminatorio sia giusta causa di licenziamento OBBLIGATORIO, cioè senza discrezionalità alcuna per l'ente pubblico sul se licenziare o meno, b)e l'incapacità di parteciapre a futuri concorsi pubblici almeno per 5 anni per gli autori di atti di discriminazione, non solo quella verso i gay, ma per tutte le forme di discriminazione. c) che la durata dell'incapacità sia raddoppiata se il lavoro aveva a che fare con persone vulnerabili, come minori o malati.