“Basta un incontro fugace con una donna attraente e il cervello maschile smette di funzionare”: uno psicologo olandese, accortosi, dopo aver una conversazione con una bella donna, di non ricordare l’indirizzo di casa propria, ha pensato di sottoporre un campione di studenti maschi eterosessuali a una serie di test, intervallati con una conversazione con una donna attraente. Dopo l’incontro, i risultati dei test erano decisamente peggiori. Secondo il professor Fieldman della British Psychological Society, ciò sarebbe dovuto al fatto che gli uomini sono programmati dall’evoluzione per pensare a come trasmettere i propri geni, al contrario delle donne, interessate a qualità come la gentilezza, la sincerità, la stabilità economica, e quindi più capaci di resistere alla semplice bellezza.
Se la differenza uomo-donna è antica e l’esperimento, per quanto divertente, non stupisce più di tanto, pure mi diverte rovesciarlo in chiave omosessuale, considerando i vari annebbiamenti passeggeri che avvengono di fronte a un bell’esemplare (di maschio, ovviamente) e per i quali è impossibile tirare in ballo questioni riproduttive. Almeno per quanto mi riguarda, non posso negare di aver fatto spesso lo ‘scivoloso’ (come sottolineava sarcasticamente un mio ex, costretto ad assistere ai miei repentini cambi di atteggiamento, a seconda dell’interlocutore), talvolta in modo platealmente ridicolo, simulando virile risolutezza o affastellando ragionamenti, prestando ascolto ad argomenti beceri o precipitando in catastrofici imbarazzi, davanti a quella che, di volta in volta, appariva ai miei occhi come la bellezza incarnata. Non sapevo assolutamente come conquistarla, sapevo solo che dovevo provarci. A qualunque costo.
Questo genere di morbidezze estreme ho avuto modo di ritrovarle, ancora più evidenti e grottesche (forse perché le potevo osservare dall’esterno), anche in altre persone, altrimenti distaccatissime: giovani schivi ed egocentrici o professionisti inamidati che, davanti al bel giovanotto di turno, si sbrinavano più rapidamente di un freezer a ferragosto. Come un collega ed ex amico, gentile ma aspretto e sempre incline alla depressione, che si addomesticava per incanto e recuperava lo sguardo positivo sull’esistenza (e perfino una splendida cera), in presenza di fustacchioni più o meno occasionali. O come un altro ex amico (curioso come certi rapporti risentano di insolite gelosie-rivalità, tanto negate quanto costanti) che, quando la disponibilità e la confidenza da parte mia si accentuarono e contemporaneamente le mie fattezze ebbero perduto l’impeto della novità, cominciò a maltrattarmi e a utilizzarmi come capro espiatorio di ogni sua inettitudine, dirottando la sua gentilezza dolciastra su altre persone. Generalmente di sesso maschile, di giovane età e di aspetto più che gradevole.
Per gli stessi motivi, mi rimase impresso l’aneddoto di una cena di Pier Paolo Pasolini con una coppia (etero) di celebri scrittori, nel bel mezzo della quale il multiforme spirito critico cui tanto ancora dobbiamo si alzò di colpo per seguire un cameriere e sparire con lui nei bagni, tornando qualche minuto dopo con tracce evidenti di un avvenuto rapporto. Oppure quelli su Luchino Visconti che, in presenza di certi suoi splendidi interpreti, non solo si ammorbidiva fino al rincretinimento quando le cose filavano lisce ma, in caso di dissidi, pare perdesse puerilmente le staffe perfino sul set, lui, perfezionista esigente ai limiti del maniacale, che andava di colpo in tilt per questioni di eros!
Si potrebbe quasi credere che tali imbarazzanti infortuni siano, per una sorta di spietata compensazione tra i diversi talenti del corpo e della mente, di pertinenza esclusiva degli intellettuali. Una categoria alla quale, se solo di striscio potrei agganciarmi io, certamente appartenevano Pasolini e Visconti e appartengono, a modo loro, i due ex amici sopra citati. Ma una simile conclusione risulterebbe fastidiosamente snob. Molto più democratico pensare che gli sbandamenti stupiscono di più quando prendono uomini altrimenti lucidissimi, ma che appartengono indistintamente a tutti i maschietti. Agli etero in presenza delle belle donne e ai gay… beh, a ciascuno il bellissimo che più gli aggrada!
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista "dall’interno", e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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di Flavio Mazzini
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