Una lunga notte elettorale, quella vissuta in Brasile, con un vincitore parziale e una sfida a due che diverrà realtà il prossimo 30 ottobre con il previsto ballottaggio.
Luiz Inácio Lula da Silva, 76enne già presidente del Brasile dal 2003 al 2011, ha vinto il primo turno delle presidenziali del Paese con il 48.4% dei voti, confermando più o meno le previsioni della vigilia che lo davano ad un passo dalla maggioranza e dallo storico trionfo al primo turno. Jair Bolsonaro, presidente in carica, si è fermato al 43.2%. Lula ha ottenuto oltre 57 milioni di voti, mentre il criticatissimo Bolsonaro si è fermato ai 51 milioni. In terza posizione, con il 4,2%, Simone Tebet, seguita da Ciro Gomes al 3%. Quasi nove milioni di voti complessivi che potranno risultare decisivi al ballottaggio di fine mese.
“La lotta continua fino alla vittoria finale. Il ballottaggio non è che una “proroga”“, ha sottolineato Lula. “Abbiamo sconfitto la menzogna dei sondaggi. Capisco il desiderio della popolazione di cambiare, ma a volte si cambia in peggio“, ha aggiunto Bolsonaro, che alla vigilia del voto aveva già gridato ai brogli, in perfetto stile Trump, chiamando i propri supporter alla protesta.
Estremista di destra celebrato nella giornata di ieri proprio da Donaltr Trump, da quando ha conquistato la poltrona di presidente Bolsonaro ha trascinato il Brasile in una gravissima crisi sanitaria, economica, etica, sociale e politica, dando il via alla deforestazione dell’Amazzonia. Orgogliosamente omotransfobico, misogino e razzista, è stato accusato da una commissione del Senato brasiliano di “crimini contro l’umanità” per come ha gestito la pandemia da Coronavirus, spesso e volentieri definita ‘inesistente’ al cospetto delle telecamere. 700.000 i morti “ufficiali” brasiliani, con le immagini delle fosse comuni che in piena pandemia fecero il giro del mondo.
Lula, dal canto suo, è stato condannato nel 2017 a nove anni e mezzo di prigione per corruzione, da lui sempre negata. Il 7 marzo 2021, dopo aver passato quasi 600 giorni in carcere, è stato prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, tornando quindi eleggibile. Nel 2008, da presidente, si disse favorevole alle unioni civili, chiedendosi perché i politici contrari accettassero “i loro voti”.
Saranno settimane di durissima campagna elettorale, quelle in arrivo, con il Brasile più spaccato che mai. Bolsonaro ha già attaccato a più riprese il Tribunale superiore elettorale (Tse) e il suo presidente, il giudice Alexandre de Moraes, imponendo i militari dell’esercito a sorvegliare le urne. Si temono violenze, intimidazioni e scontri, per un’elezione presidenziale mai tanto polarizzata e ad alta tensione.
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