Finalmente ci siamo. Domenica il Brasile sarà chiamato al voto, per eleggere il nuovo Capo di Stato dopo 4 anni di incubo chiamato Jair Bolsonaro. Il presidente di destra sfiderà un ex presidente di sinistra conosciuto il tutto il mondo. Luiz Inácio Lula da Silva, 76enne già presidente del Brasile dal 2003 al 2011, condannato nel 2017 a nove anni e mezzo di prigione per corruzione, da lui sempre negata. Il 7 marzo 2021, dopo aver passato quasi 600 giorni in carcere, è stato prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, tornando quindi eleggibile.
Sondaggi alla mano, Lula, che nel 2008 da presidente attaccò i politici omotransfobici chiedendo l’approvazione delle unioni civili, sarebbe nettamente in vantaggio rispetto a Bolsonaro, pochi mesi fa ricevuto in Italia da Matteo Salvini per una contestatissima cittadinanza onoraria. Bolsonaro sarebbe fermo al 32% delle preferenze, con Lula al 48%. Seguono Ciro Gomes (Pdt) con il 6% e Simone Tebet (Mdb) con il 5%. Per Lula sarebbe fondamentale vincere al primo turno, superando quindi il 50% dei consensi, evitando il ballottaggio del 30 ottobre.
Bolsonaro, in perfetto stile Trump, ha già parlato di potenziali brogli elettorali e di persecuzione da parte del Tribunale superiore elettorale, attacando l’affidabilità delle urne elettroniche. Il tutto senza uno straccio di prova. Nelle ultime settimane di campagna elettorale la violenza è tornata a scorrere per le strade del Brasile. Ad alimentare gli scontri lo stesso presidente, che ha aizzato i propri sostenitori, urlando ad una guerra tra “Bene e Male”, contro il “comunismo” pronto a riconquistare il Paese.
Ma in 4 anni Bolsonaro ha detto e fatto di tutto. Estremista di destra, da quando ha conquistato la poltrona di presidente ha trascinato il Brasile in una gravissima crisi sanitaria, economica, etica, sociale e politica, dando il via alla deforestazione dell’Amazzonia. Orgogliosamente omotransfobico, misogino e razzista, è stato accusato da una commissione del Senato brasiliano di “crimini contro l’umanità” per come ha gestito la pandemia da Coronavirus, spesso e volentieri definita ‘inesistente’ al cospetto delle telecamere. 600.000 i morti “ufficiali” brasiliani, con le immagini delle fosse comuni che in piena pandemia fecero il giro del mondo.
“Basta affrontare il Covid-19 come se fossimo un Paese di fr*ci”, tuonò a fine 2020, dopo aver precisato che non usa mascherine perché “sono da fr*ci“. Precedentemente il presidente del Brasile aveva attaccato l’OMS, perché a suo dire “incoraggia i bambini ad essere gay e a masturbarsi”, dopo aver apostrofato un giornalista nel corso di una conferenza stampa (“hai la faccia da gay“). Nel 2019 Bolsonaro ha fatto sapere alla Corte Suprema brasiliana che “l’omofobia non sarà mai reato”, per poi precisare che il Brasile non sarà mai il “paradiso del turismo gay“.
In passato Bolsonaro ha affermato che preferirebbe avere un figlio morto, piuttosto che gay, mentre in un’intervista con Playboy ha ammesso che “sarebbe incapace di amare un figlio omosessuale”. Per poi aggiungere: “Se una coppia gay venisse a vivere nel mio edificio, la mia proprietà perderebbe valore. Se camminano per mano, si baciano, perderebbe valore!”.
Domenica quasi 150 milioni di brasiliani saranno chiamati ad esprimersi, cacciando una volta per tutte il più contestato e indifendibile presidente della recente storia brasiliana.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.