Tra un mese circa Cate Blanchett potrebbe vincere il suo più che meritato 3° premio Oscar, raggiungendo in tal senso icone come Meryl Streep, Ingrid Bergman e Frances McDormand, a nove anni dal secondo vinto con Blue Jasmine di Woody Allen.
Merito di Tar di Todd Field, meraviglia candidata a 6 statuetta grazie alla quale Cate ha già vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile all’ultimo Festival di Venezia. In Tar Blanchett interpreta una direttetrice d’orchestra lesbica, ritrovando così un ruolo dichiaratamente queer 7 anni dopo Carol di Todd Haynes.
Intervistata da Vanity Fair, l’attrice ha confessato di non comprendere l’ossessione per le etichette.
“Non penso al mio genere o alla mia sessualità”. “Per me a scuola c’era David Bowie, c’era Annie Lennox. C’è sempre stata quella sorta di fluidità di genere”.
Ma sebbene Blanchett non colga questa continua “ossessione per le etichette“, è quasi obbligata a prenderle seriamente in considerazione. “Devo ascoltare molto attentamente quando le persone hanno un problema con tutto questo“, ha precisato riferendosi ai suoi ritratti di donne lesbiche in Carol e Tár. “Semplicemente non capisco la lingua che stanno parlando, e ho bisogno di capirla perché non puoi ignorare l’ossessione nei confronti di quelle etichette. Dietro quell’ossessione c’è qualcosa di veramente importante“. E pericoloso, potremmo tristemente aggiungere.
Immancabile il discorso sui casting hollywoodiani di oggi, in cui si dibatte se un attore dichiaratamente eterosessuale possa interpretare personaggi LGB.
“Se Carol fosse stato girato ora, io che non sono lesbica avrei avuto il permesso pubblico di interpretare quel ruolo?”, si è domandata Blanchett. “Non conosco la risposta“.
Da noi recensito in anteprima lo scorso settembre, Tar è uscito nei cinema d’Italia nel pieno del Festival di Sanremo, incassando circa 250.000 euro fino ad oggi. Nel film di Field, che ha letteralmente estasiato Martin Scorsese, Cate interpreta Lydia Tàr, prima donna della storia a divenire direttrice di una delle più importanti orchestre tedesche. Una donna dall’intelligenza superiore e dall’orecchio assoluto, dichiaratamente lesbica ed evidentemente incapace di sottrarsi all’esercizio del proprio potere su giovani studentesse e collaboratrici. Arrogante, egoriferita, dispotica, distruttiva e cronica bugiarda, vive di musica da mattina a sera, perché in grado di generare inarrivabili emozioni da un palco che è casa, pura dittatura con al comando la direttrice d’orchestra. Un mostro chiamato Maestro, una rockstar della musica classica tendente all’autodistruzione. Perché pur avendo tutto, pur avendo raggiunto l’apice di una carriera inarrivabile, Lydia decide consapevolmente di sabotare la propria stessa esistenza.
Un ruolo vagamente ispirato a Marin Alsop, 1a direttrice d’orchestra d’America che si è sentita ‘offesa come donna e come lesbica’.
53 anni, Cate Blanchett è felicemente sposata con il drammaturgo, sceneggiatore e regista australiano Andrew Upton dal 1997. I due si conobbero l’anno prima sul set di uno show televisivo. La coppia ha quattro figli. Vinto il primo premio Oscar con The Aviator di Scorsese, Cate ha interpretato personaggi “fluidi” e in grado di andare oltre il genere anche in Io non sono qui di Todd Haynes, con cui vinse la Coppa Volpi a Venezia, mentre nella serie tv Mrs. America ha interpretato la celeberrima omofoba Phyllis Schlafly.
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