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Sentenza storica a Genova: via libera al cognome della madre per i figli. Ma ora il Senato approvi la legge

C’è una norma culturale e “implicita”, sedimentata in Italia, per cui ai figli nati nel matrimonio va attribuito soltanto il cognome paterno. La legge che dovrebbe regolamentare il tutto è ferma da due anni.

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Grande traguardo ieri per le donne: la Consulta ha infatti accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla corte di appello di Genova sul cognome del figlio e ha dichiarato l’illegittimità della norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio, in presenza di una diversa volontà dei genitori. Da adesso in poi quindi, se d’accordo, i genitori potranno dare il doppio cognome. La sentenza nasce dal ricorso di una coppia italo-brasiliana residente a Genova, che aveva intenzione di registrare il proprio bambino col doppio cognome: la loro richiesta venne respinta per una norma culturale e “implicita”, sedimentata in Italia, per cui ai figli nati nel matrimonio va attribuito soltanto il cognome paterno.

La questione è spinosa perché non normata: il disegno legge che affronta il problema, approvato alla Camera nel 2014, giace al Senato da due anni. È per questo che l’associazione Equality Italia ha diffuso un comunicato affinché questa legge venga finalmente approvata.

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EQUALITY ITALIA: BENE CONSULTA SUL COGNOME DELLA MADRE, IL SENATO SI DECIDA AD APPROVARE LA LEGGE

Sono due anni che attendiamo inutilmente che il Senato si decida a discutere ed approvare la legge sulla scelta del cognomen già licenziata dalla Camera. Equality Italia ha raccolto in questi anni migliaia di firme, in particolare di donne, che giustamente reclamano ciò che ancora una volta la Corte Costituzionale ha affermato nella sentenza di oggi: è illegittima la norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno. Come si è capito anche nella discussione alla Camera, esistono sacche di resistenza culturale trasversali, che cercano di affossare un provvedimento ritenuto normale e che, come aveva avuto da chiosare il presidente della Consulta di dieci anni fa, Gallo: “deve superare l’attuale normativa legata ad una visione patriarcale della famiglia”. Ci attendiamo che al più presto il Senato si decida, è però chiaro che da oggi, con la sentenza dell’alta corte, saranno possibili migliaia di ricorsi presso i tribunali per ottenere quei diritti ancora una volta negati da una politica lenta e vetusta.

Aurelio Mancuso, presidente Equality Italia

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