Corpi e identità. Involucro e contenuto. Forma e sostanza, ma non solo. Il tema del corpo è al centro della penultima giornata del Festival Mix, il cui programma di lungometraggi inizia alle 18.30 con un cult d’epoca di Jean-Luc Godard, "Je vous salue Marie", rappresentazione laica e sperimentale dell’Immacolata Concezione in cui Maria è la figlia di un garagista e il suo fidanzato Giuseppe si infuria pensando al tradimento non appena le viene annunciato da un angelo in realtà assai terreno che aspetta un bambino: era il lontano 1985 e la Chiesa si infuriò a morte per questa Madonna ‘troppo’ umana che si vede nuda a letto e il cui corpo scopre una femminilità inattesa ben poco virginale.
Un altro corpo feticcio è il fulcro di "Homme au bain" firmato da Christophe Honoré, consigliato unicamente ai veri fan dell’attore porno François Sagat, recentemente sdoganato nel cinema d’autore anche grazie a Bruce Labruce e alla sua stravaganza hard "L.A. Zombie".
Non aspettatevi né intrighi eccitanti né una vicenda realmente strutturata quanto piuttosto uno di quei film francesi snob e pretenziosi che girano a vuoto intorno a un floscio canovaccio ovviamente in zona hot: la pornostar Sagat, fascino mediorientale occidentalizzato e muscolo monumentale, interpreta l’inquieto Emmanuel, abbandonato dal fidanzato e pronto a scatenarsi in rapporti occasionali anche a pagamento. Ma la successione delle varianti ‘eroticombinatorie’ non convince e annoia (c’è persino la depilazione del deretano di un ricciolino caricato per strada ma l’erotismo latita). Appare persino Chiara Mastroianni vagheggiante a New York tra un bar e la presentazione di un film, giusto per inserire una celebre attrice-civetta da sfruttare nel trailer. Non basta accarezzare con una macchina da presa colma di desiderio un’evidente infatuazione perlomeno filmica che non si ha altro da raccontare (molto meglio la sua ultima commedia musicale "Les bien-aimés" che ha chiuso Cannes: Honoré è più a suo agio nella rappresentazione del sentimento che non del sesso).
Un altro corpo magnetico è quello di Rick Okon, sorprendente protagonista della commedia drammatica tedesca "Romeos" di Sabine Bernardi nei panni di un trans gender FtoM (cioè da femmina a maschio) in grado di bucare lo schermo in un’interpretazione fortemente aderente al proprio vissuto: il ventenne Lukas che non ha il coraggio di rivelare la propria condizione finché non si infatua di un ragazzo italiano, Fabio. Questa nuova consapevolezza metterà alla prova il loro amore. La forza espressiva dell’attore conquista lo spettatore e il suo nudo è tanto più perturbante quanto più si prosegue nella costruzione, scena per scena, della sua identità maschile. A riprova della difficoltà, nella vita reale, nel rendere armonica la percezione del proprio corpo con un’identità sessuale dissonante rispetto ad esso.
Anche nella pacata commedia argentina "Piedras" dell’esordiente Matias Marmorato la caratterizzazione esteriore fornisce un contributo essenziale nella costruzione dell’identità ma può creare conflitti nel rapporto con gli altri: il personaggio effemminato con caschetto dalle movenze effettate causerà turbamento nel bisex Sebas che si sente improvvisamente attratto da lui. In una società in cui l’identità sessuale risulta sempre più fluttuante e meno incasellabile nei modelli dicotomici maschio/femmina anche il corpo può subire mutazioni intergenere ed è interessante analizzare il riflesso psicologico di questi cambiamenti, come in questi interessanti film presentati al Festival Mix di cui domani conosceremo i vincitori.
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