Corte d’Appello smentisce il decreto Salvini sulle carte d’identità dei minori: “Applicare la dicitura “genitori””

La Corte ha ribadito un concetto molto semplice: sulla carta d'identità di un bambino/bambina non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile.

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decreto genitori
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La Corte d’Appello di Roma ha ufficialmente smentito il Ministero dell’Interno condannandolo ad applicare la dicitura “genitori” o altra dicitura che corrisponda al genere del genitore sulle carte d’identità elettroniche rilasciate a persone minorenni.

Tutto ha origine 5 anni or sono, a inizio 2019 con il governo Conte I, quando un decreto firmato dall’allora Ministro Matteo Salvini impone al posto di “genitori” la dicitura madre/padre sui documenti. All’epoca prese forma la fake news di “genitore 1 e genitore 2”, diciture mai comparse su alcun documento, alimentata dalla destra e da una stampa evidentemente complice.

Una coppia di mamme si rivolse prima al TAR del Lazio e poi al Tribunale di Roma esigendo l’emissione di un documento d’identità che rispecchiasse la reale composizione della loro famiglia. Già in primo grado il Tribunale accolse la richiesta delle mamme, dichiarando di fatto illegittimo il decreto in quanto il documento emesso “integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico”. Oltre alla conferma della sentenza in Appello, il Ministero è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

La Corte ha dunque ribadito un concetto molto semplice: sulla carta d’identità di un bambino/bambina non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile.

“Se nei registri è indicato che è figlio/figlia di due madri, una delle quali lo ha adottato, allora i “modelli ministeriali” devono rispettare quella indicazione e sulla carta d’identità devono essere indicate due madri (o eventualmente due padri). Noi lo abbiamo sempre pensato, il Tribunale ci aveva dato ragione, adesso la Corte d’Appello lo ha confermato, non possiamo che essere felici”, hanno dichiarato l’avvocata Susanna Lollini e l’avvocato Mario Di Carlo che hanno difeso le due mamme.

Queste le parole di Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno:

L’Associazione Famiglie Arcobaleno già nel 2019 aveva denunciato, supportata dal parere del Garante della Privacy, il qualunquismo ideologico del decreto Salvini che aveva modificato le diciture delle carte di identità solo per attaccare le famiglie omogenitoriali ma mettendo in difficoltà anche tutti quei minori che presentano situazioni familiari differenti. Io stessa sono riportata come “padre” sul documento di mio figlio, con tutto ciò che comporta ad esempio nel caso di un viaggio all’estero. Che un paese civile come l’Italia emetta, attraverso il Ministero dell’Interno, carte d’identità che riportano dati falsi è semplicemente imbarazzante. Speriamo che il Governo intervenga subito riportando la dicitura che da sempre accompagna i documenti dei minori: genitori o chi ne fa le veci.”

L’avv. Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, ha dichiarato: “Le sentenze della Corte d’appello di Roma confermano un importante risultato giudiziario, raggiunto dopo uno straordinario lavoro di squadra. Purtroppo, a distanza di cinque anni e nonostante le decisioni della Magistratura allineate anche ai pareri resi da Organi istituzionali, il Governo non ha ancora annullato un decreto palesemente discriminatorio, che continua a offendere la dignità e l’identità di tante famiglie. Anzi, in uno dei due casi decisi oggi dalla Corte d’appello, il Governo, da poco insediatosi, aveva addirittura scelto di impugnare la decisione del Tribunale con oltre 100 giorni di ritardo rispetto al termine fissato dalla legge, pur di impedire che la pronuncia divenisse definitiva e obbligasse il Ministero a emettere la carta d’identità con la dicitura “Genitori” in uso sino al 2109 (e non quella, giornalisticamente utilizzata, di “Genitore 1 / Genitore 2”, mai chiesta dalle coppie di mamme). Attueremo ogni pressione politica e giudiziaria affinché il decreto venga annullato e garantisca per legge l’eguaglianza e la pari dignità di tutte le famiglie. Oggi, infatti, ciascuna famiglia con due mamme o due papà dovrebbe, volta per volta, rivolgersi a un tribunale per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Reputiamo questo profondamente ingiusto sia per i tempi e sia per i costi della giustizia. Le carte d’identità registrano quel che per lo Stato è una famiglia: negare anche nominalmente l’esistenza di migliaia di famiglie, e mortificare le identità di persone minorenni, è incostituzionale e anche inaccettabile».

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