È il berlusconiano Elio Vito a cinguettare il tweet definitivo sulla convulsa giornata vissuta ieri in commissione giustizia al Senato, dove il presidente leghista Ostellari ha avallato 170 audizioni nei confronti della legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo. “Nemmeno per cambiare la Costituzione si sono fatte 170 audizioni. DDL Zan subito!“ ha sintetizzato il deputato di Forza Italia, dando il via alla rivolta nei confronti della Lega che da mesi tiene in ostaggio il DDL. Con 4 audizioni a settimana ci vorrebbero quasi 5 per completarle tutte. “Ho tolto 55 audizioni dal totale delle richieste, non sono poche e non è stato semplice”, ha provato a difendersi l’indifendibile Ostellari, se non fosse che il listone di ‘esperti’ chiamati ad esporsi in Commissione faccia sobbalzare dalla sedia, come rivelato dall’Espresso.
Ci sono Platinette e il governatore della Calabria Nino Spirlì, omosessuale di destra che pochi mesi fa tuonava “dirò negro e frocio fino alla fine dei miei giorni, la lobby frocia vuole toglierci le parole”. C’è il monsignor Stefano Russo, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), e tutta la galassia ultra-cattolica che da anni cavalca la disinformazione nei confronti della comunità LGBT. Dall’Associazione convergenza cristiana a Massimo Gandolfini del Family day, dal Movimento per la Vita a Scienza e Vita, dall’Unione dei giuristi cattolici alle Assemblee di Dio in Italia, dalla Marcia per la Vita a Pro Vita, da Generazione Famiglia all’infettivologa Chiara Atzori, secondo cui la “normalizzazione” dell’omosessualità” (era il 2008) sarebbe “la causa dell’aumento delle infezioni da HIV”. Ci sono Riccardo Di Segni dell’Unione delle comunità ebraiche, Yassine Baradai, segretario nazionale dell’Unione delle comunità islamiche in Italia, Alessandro Dini Ciacci, responsabile della chiesa dei mormoni, il direttore responsabile de “La Nuova Bussola” e il figlio di Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, la co-fondatrice delle “Sentinelle in Piedi”, la presidente di Arcilesbica Cristina Gramolini e giù a scendere, in un girone dantesco di omotransfobia il più delle volte dichiarata, ostentata, tra siti, aule parlamentari, piazze e quotidiani. Per quale benedetto motivo costoro dovrebbero mettere bocca in Senato su una legge di civiltà già approvata alla Camera e che andrebbe semplicemente ad ampliare una legge già in vigore da oltre 30 anni? “Le audizioni richieste sono 170 e quasi tutte di organizzazioni religiose o sedicenti tali“, ha attaccato sui social la senatrice Alessandra Maiorino. “Questo Paese si chiama Italia, è un Paese laico e democratico dell’Europa occidentale. Ora basta. Andiamo in aula con l’art. 77. Il Movimento 5 Stelle è pronto“.
Eppure Ostellari, dinanzi a cotanti ‘esperti’, ha dichiarato di aver fatto ‘fatica’ a sfoltire il listone da guiness di audizioni. “Secondo me chi ipotizza scorciatoie non dà mai un buon esempio di democrazia”, ha avuto il coraggio di dire il presidente leghista, auto-proclamatosi relatore di un DDL che da mesi cerca di insabbiare, affondare, tenendolo in ostaggio una commissione incredibilmente trasformata in un suo giardino privato, negando indirettamente ai senatori di poterlo votare in aula. Peccato che i regolamenti consentino l’approdo diretto a palazzo Madama attraverso l’articolo 77, senza relatore al seguito, avendo raccolto le firme necessarie per bypassare la Commissione. Ma con quali rischi? Qui subentrano i dubbi esplicitati nelle ultime settimane da Italia Viva, che ha ripetutamente chiesto modifiche al DDL dopo averlo già votato alla Camera. Senza i voti dei renziani, infatti, la legge affonderebbe.
“Siamo disponibili a portare il provvedimento in aula nel momento in cui il pallottoliere ci dà una maggioranza. Quindi ha fatto bene Franco Mirabelli a nome del Pd a proporre un confronto con i partiti che alla Camera hanno votato il ddl Zan, per capire se ci sono scostamenti di posizione. Sento ad esempio che il capogruppo di Italia Viva, Davide Faraone dice ora cose diverse, ci spieghi su cosa ha cambiato idea”, ha precisato a LaRepubblica Monica Cirinnà, con Pd e 5 Stelle costretti a fare i conti con il pallottoliere del Senato.
Il rischio, gigantesco, è che il DDL Zan possa affondare in Aula, tra voti segreti ed emendamenti. Ma avrebbe davvero senso proseguire con questa pagliacciata a trazione leghista in commissione giustizia, tra cavilli, audizioni infinite, sfilata di discutibili oratori che spaziano tra antiabortisti, sacerdoti, sostenitori delle teorie riparative e ultra-cattolici, proposte di modifiche e tempi inevitabilmente biblici? Ai senatori di Italia Viva che chiedono dialogo e confronto in Commissione Giustizia, in modo da modifcare il DDL Zan tutti insieme appassionatamente, domandiamo: a che gioco state giocando?
“170 audizioni, con il solo scopo di fare ostruzionismo e condannare la legge Zan a un percorso infinito, fino a quando sarà troppo tardi per approvarla: questo è lo spettacolo indegno che ci regala oggi la Commissione Giustizia del Senato“, ha tuonato Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay. “Leggendo l’elenco degli auditi, potremmo concludere, con amara ironia, che manca solo il mago Otelma. Possibile che il Senato debba prestare il fianco in questo modo alla ridicolizzazione delle istituzioni democratiche del nostro Paese?“.
Piazzoni ha poi rivolto un appello ai parlamentari: “Le forze politiche che hanno raggiunto il compromesso sul testo di legge approvato alla Camera dei Deputati devono sostenere la conclusione del percorso legislativo. Le recenti notizie che riportano un febbrile lavoro di Italia Viva per raggiungere un nuovo compromesso ci preoccupano: proprio Italia Viva ha giocato un ruolo di prima linea nel raggiungimento di una mediazione alla Camera, e ha influenzato in maniera significativa i contenuti del testo approvato. Pertanto, non si capisce perché ora intenda rimettere in discussione tutto. Si vada in aula, si discuta e si voti, senza altri scambi sulle nostre vite. Per una volta abbiano i partiti, Italia Viva inclusa, il coraggio di lasciare che sia l’aula a decidere se la legge deve o non deve essere approvata. Una legge manomessa e svuotata, che di contrasto all’omotransfobia ha solo il titolo, non serve a nessuno.”
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