Eccoli i quasi 900 emendamenti al testo in discussione alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati sulle unioni civili e le convivenze di fatto etero ed omosessuali: sono 889 e ne hanno presentati ben 124 il gruppo misto, 18 SEL (Sinistra e Libertà), 7 il Partito Democratico (in realtà si tratta di sette emendamenti migliorativi presentati a titolo personale dalla deputata Michela Marzano), 38 Democrazia Solidale-Centro Democratico (13 deputati che fanno capo a Lorenzo Dellai e che fanno parte della maggioranza di governo), 81 i cattolici di Alleanza Popolare, 85 Forza Italia, 24 il Movimento 5 Stelle, 12 Fratelli d’Italia e 500 esatti la Lega Nord. Prima di passare alla loro veloce analisi, occorre precisare che proprio oggi il Governo in Commissione Giustizia si è dichiarato contrario a tutti gli emendamenti ed è quindi sempre più probabile che per stralciarli ed arrivare velocemente all’approvazione, non comunque prima della fine del mese, verrà posta la fiducia.
Il primo grande filone è quello degli emendamenti ostruzionistici. Sono in gran parte di questo tenore quelli presentati ad esempio dalla Lega Nord, che coi suoi 500 emendamenti prova così a bloccare il provvedimento chiedendo di cambiare alla radice la sua natura: firmatari di ben 467 emendamenti è la pattuglia dei deputati leghisti Molteni, Giancarlo Giorgetti, Fedriga, Allasia, Bossi, Guidesi, Invernizzi, Picchi, Rondini, Saltamartini e Simonetti (che sono i più citati infatti nella “tag cloud” a fianco). I pretesti sono i più disparati: si va dall’articolo 1 dove si chiede di ribadire che la famiglia è solo quella formata da una donna ed un uomo, uniti in matrimonio, dove si definiscono le unioni civili “società economiche volte alla gestione domestica“ o dove si fa riferimento ad assurde battaglie contro la teoria del gender, ad esempio con una norma che introduce un divieto “ad alterare la stessa struttura della famiglia, comprimere i diritti dei genitori all’educazione dei propri figli, ignorare l’interesse superiore dei minori a vivere, crescere e svilupparsi all’interno della famiglia e a esprimere con atti pubblici la promozione del pensiero ideologico fondato sulla prevalenza dell’identità di genere sul sesso biologico o la sessualizzazione precoce dei bambini”, stabilendo una pena pecuniaria fino a 10.000 euro, o dove ci si occupa di scuola, stabilendo ad esempio che “il docente non è tenuto a prendere parte a progetti educativi volti alla promozione del pensiero ideologico fondato sulla prevalenza dell’identità di genere sul sesso biologico o la sessualizzazione precoce dei bambini, qualora sollevi obiezione di coscienza, previa dichiarazione resa al dirigente scolastico”.
La parlamentare di Forza Italia Eugenia Roccella chiede di ribattezzare l’istituto in “unioni solidali” o stabilire che ci si possa unire civilmente solo dopo alcuni anni di convivenza, specificando che all’unione civile “non si applicano le norme dell’ordinamento giuridico sulla famiglia, intesa quale società naturale fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna” e che “la parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso è legata affettivamente all’altra parte e non è equiparata ed equiparabile al coniuge della famiglia”.
Sull’obiezione di coscienza per i Sindaci, che potrebbero così rifiutarsi di applicare una legge dello Stato, ci provano in tanti: i parlamentari della Lega Nord, innanzitutto, come Carlo Sarro, ma anche Alessandro Pagano di Area Popolare (il gruppo dove sono confluiti NCD ed UDC) o Antonio Palmieri e Fabrizio Di Stefano di Forza Italia, Gian Luigi Gigli di Democrazia Solidale (ex Scelta Civica di Monti). Di Stefano, in particolare, che giorni fa aveva presentato il suo emendamento in una conferenza stampa insieme ai cattointegralisti di Provita, prevede che “nell’esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione, i sindaci ed i loro sostituti, gli assessori comunali, i consiglieri comunali, i segretari comunali, i funzionari comunali e circoscrizionali, gli impiegati addetti allo stato civile e i dipendenti comunali, anche esercenti mansioni esecutive, possono dichiarare la propria obiezione di coscienza alla costituzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e ad ogni atto ad esse antecedente, conseguente o comunque connesso”.
Altro tema ovviamente è quello della maternità surrogata, su cui si sono concentrati i parlamentari della Lega Nord ma non solo, con divieti pesantissimi e pene paragonabili a reati decisamente gravi, addirittura fino a 12 anni, arrivando anche a prevedere sanzioni per chi mette in campo qualsiasi comunicazione commerciale audiovisiva e radiofonica, diretta o indiretta, che induca alla pratica o alla partecipazione ad attività che abbiano l’intento primario di accedere alla pratica della maternità surrogata” o addirittura negando l’unione civile alla coppia che si rifiuti di sottoscrivere una dichiarazione di “impegno di non ricorrere alla pratica della maternità surrogata”. Siamo alla fobia vera e propria, ormai.
Vi sono, a dire la verità, anche diversi emendamenti che tentano di migliorare anche pesantemente il testo, che – lo sappiamo – se approvati tornerebbe al Senato e rischierebbe di impantanarsi nuovamente. Il Movimento 5 Stelle ad esempio a più riprese chiede sostanzialmente di trasformare il testo in una legge per il matrimonio omosessuale e nella stessa direzione si muove la deputata Marisa Nicchi di SEL insieme ad altri dieci colleghi. Infine Eleonora Bechis, parlamentare del Gruppo Misto (ex 5 Stelle), in diversi punti chiede insieme ad altri suoi colleghi di tornare al testo originale delle unioni civili, ad esempio reintroducendo l’obbligo di fedeltà e la stepchild adoption.
Infine, in molti vogliono il reinserimento della parola “fedeltà” tra gli obblighi di chi sottoscrive una unione civile: la vogliono i Cinque stelle, la vuole la dem Michaela Marzano (che ha presentato sette emendamenti a titolo personale), la vuole Pippo Civati con quelli di Possibile, la vuole la Lega, ma anche l’avvocato azzurro Francesco Paolo Sisto, e persino l’ex aennino Ignazio La Russa, oggi Fdi.
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