Pedro Lemebel, deceduto nel 2015, è uno scrittore, artista e pioniere del movimento queer in America Latina, nato in un quartiere popolare di Santiago del Cile. Dopo la pubblicazione di Ho paura torero, Baciami ancora, forestiero, Parlami d’amore (Marcos y Marcos) e Di perle e cicatrici e Irraccontabili (Edicola Edizioni), arriva ora in Italia Folle affanno, cronache del contagio, dal 9 marzo in libreria sempre con Edicola Edizioni.
Una nuova raccolta in cui Lemebel offre un punto di vista inedito sul vissuto delle persone omosessuali degli anni Ottanta e Novanta in America Latina. Il mondo queer, oltre ad affrontare la dittatura di Pinochet, in quegli anni vide dilagare anche l’epidemia di AIDS. Lemebel nelle sue cronache commuove e diverte con la vita delle Locas, che con tacchi alti, trucchi, pellicce e paillettes ci mostrano con coraggio e dignità cosa significhi vivere liberamente la propria identità sessuale, anche di fronte alla malattia e alla stigmatizzazione delle minoranze sessuali e di genere. Lemebel racconta il travestitismo omossessuale del Terzo Mondo, spesso in contrapposizione con il “mondo macho” del Primo Mondo, omaggiando le protagoniste con una serie di ritratti indimenticabili, disegnati con tenerezza e compassione.
Tradotto da Silvia Falorni, il testo preserva la musicalità del linguaggio poetico dell’artista, ricco di immagini e neologismi. Un misto tra biografia, giornalismo e narrazione sigillato da una prosa graffiante e variopinta. Lemebel si fa portavoce della comunità LGBTQI+ e più nello specifico delle persone trans, rievocando con ironia, quasi a sdrammatizzare la tragedia, le storie vissute dai protagonisti: la vita in comunità piena di solidarietà e sorellanza che trova amore anche nella cura della malattia e del dolore stesso, una vita di solitudine, povertà e violenza.
Cronaca dopo cronaca, l’autore cileno racconta il calvario vissuto dagli emarginati cileni di fine secolo e lo fa toccando tematiche più che mai attuali: dall’imperialismo economico alla colonizzazione culturale, passando per la globalizzazione, il rapporto tra politica, omosessualità e questione indigena, trovando un filo rosso nell’identità di genere. L’artista cileno usa le sue parole e il suo corpo come barricata contro l’omofobia non esitando mai a riportare la verità. Nel settembre del 1986, infatti, durante uno storico incontro della sinistra militante cilena tenutosi a Santiago lesse il poema-manifesto “Parlo in nome della mia differenza”, per la prima volta tradotto in Folle Affanno, gridando con esso la sua diversità:
“Non sono Pasolini che chiede spiegazioni. Non sono Ginsberg espulso da Cuba. Non sono un frocio mascherato da poeta. Non ho bisogno di maschere. Questa è la mia faccia. Parlo in nome della mia differenza. Difendo ciò che sono…”.
Nel 1987 Lemebel formò insieme a Francisco Casas il collettivo Las Yeguas del Apocalipsis, trasformandosi in un mito della scena artistica cilena e nel simbolo internazionale della liberazione sessuale.
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