Nella sua clinica al Transgender Surgery Institute di Nuova Delhi, il dottor Narendra Kaushik ha aperto un centro dedicato per gli interventi di riassegnazione del sesso. I suoi pazienti sono internazionali, e molte persone transgender si recano in India dagli Stati Uniti e dal Regno Unito per sottoporvisi. Presto, il suo nome sarà sulla bocca di tuttə, non solo della comunità medica, dovesse il suo progetto diventare realtà.
Kaushik sta infatti pianificando il primo trapianto di utero su una donna transgender, che permetterebbe quindi di portare avanti una gravidanza e partorire. L’idea è quella di avere un utero da una donatrice deceduta o da un uomo trans* che abbia deciso di rimuoverlo, e trapiantarlo esattamente come accadrebbe con i reni o qualsiasi altro organo.
Il trapianto uterino è una procedura ancora largamente considerata teoretica. Ci sono stati negli anni alcuni tentativi di questa rischiosa operazione, di cui solo una parte ha avuto successo. In due casi, le donne sono morte dopo pochi mesi a causa di complicazioni. Tutti i tentativi fatti finora, però, riguardano un trapianto da donna a donna. L’operazione fatta su una persona nata con organi maschili non è mai stata tentata.
Alcuni problemi legati alla biologia rimarrebbero. Dal momento che non è possibile collegare direttamente l’utero trapiantato con le tube di Falloppio, non sarebbe possibile per la donna in questione rimanere incinta in modo tradizionale. Si dovrebbe invece ricorrere alla fertilizzazione in vitro, trasferendo l’embrione fecondato nell’utero. Molti medici concordano sul fatto che è in teoria possibile per una donna trans* partorire dopo un’operazione positiva di questo tipo.
Il progetto di Kaushik sarebbe rivoluzionario. Il dottore, da sempre vicino alla causa transgender, ha affermato: «Ogni donna trans* vuole essere il più “femmina” possibile, e questo include essere madre». Nel 2017, anche il Presidente dell’American Society for Reproductive Medicine si era espresso a favore di un possibile corso di trattamento di questo tipo. Sotto la guida di Kaushik, esperto e rinomato chirurgo, potrebbe finalmente diventare realtà.
«Questo è il futuro. Non possiamo prevedere esattamente quando accadrà, ma sarà molto presto. Siamo molto ottimisti»
Chiaramente, non mancano i detrattori. Il professore Robert Winston, tra gli esperti di medicina più famosi in Gran Bretagna, ha sempre rifiutato qualsiasi ipotesi del genere, ritenendo la procedura troppo pericolosa. Il rischio di mortalità durante l’intervento o post-operazione è presente, ma ild dottor Kaushik ha fatto notare che, con le tecnologie avanzate di cui disponiamo oggi, è sicuramente fattibile e meno rischioso.
In aggiunta, come ha fatto notare il chirurgo Christopher Inglefield – fondatore della London Transgender Clinic -, una questione fondamentale di diritti si staglia all’orizzonte se la procedura dovesse rivelarsi efficace. Il trapianto di utero potrebbe essere infatti accettato dalla comunità medica per le donne etero con problemi di fertilità: se così fosse, sarebbe illegale vietarlo a una donna trans* che ha completato la transizione.
Anche Simon Fishel, l’esperto di fertilità tra i ricercatori che nel 1978 hanno contribuito alla nascita della fertilizzazione in vitro, ha fatto notare come, nonostante ancora molte questioni devono essere messe a punto, potrebbe funzionare. Ad esempio, la mancanza di una cervice e vagina funzionanti per consentire il canale del parto. Ma Kaushil è deciso a trovare una soluzione a tutte queste questioni.
Dovesse il progetto andare effettivamente in porto, il dibattito che si creerà avrà proporzioni enormi. Già da ora i medici vedono improbabile l’idea che possa essere reso legale in posti come gli Stati Uniti – e in alcuni casi anche in Europa – dove la legislazione è molto più pesante. Nel resto del mondo, soprattutto nei Paesi asiatici, è opinione comune che la cosa sia fattibile. Per il momento, tutto è nelle mani di Narendra Kaushik.
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