Lo scontro sociale, politico e culturale tra Hong Kong e la Repubblica popolare si protrae da tempo e sembra essere destinato a intensificarsi. A seguito degli scontri e delle proteste che hanno animato la regione amministrativa speciale della Cina a seguito della legge sulla sicurezza nazionale – legge che avrebbe estremamente limitato la libertà dei cittadini – persino Amnesty International è stata costretta a chiudere il suo quartier generale nella città durante l’estate. In futuro la situazione potrebbe peggiorare, dato che Hong Kong manterrà la sua autonomia fino al 2047, quando scadranno i permessi speciali e la Cina potrà tornare a controllare la sua economia.
Anche per quanto riguarda i diritti umani, nel 2016 diverse organizzazioni umanitarie avevano stilato una lista di tutte le violazioni messe in atto dal governo di Pechino. Alcune di queste, ovviamente, riguardano la comunità LGBTQ+. Il credo comune è che l’omosessualità sia immorale e che sia il risultato delle influenze del capitalismo occidentale sulla popolazione, soprattutto sui giovani. Il tema queer è una discussione relativamente nuova, dato che fino agli anni Ottanta era una realtà virtualmente non esistente nel Paese. Anche l’attuale Presidente Xi Jinping ha ereditato quest’idea nata dalla Rivoluzione culturale. Il governo della Repubblica popolare, infatti, non riconosce i diritti delle coppie dello stesso sesso, quotidianamente discriminate, e il sistema sanitario non fornisce assistenza alle persone che prendono ormoni o vogliono sottoporsi alla transizione. La regione autonoma di Hong Kong, invece, sembra essere di un po’ più larghe vedute. Nonostante anche qui i matrimoni tra persone dello stesso sesso non siano riconosciuti, è storica la sentenza della Corte d’Appello del 2019 che ha dichiarato illegale il rifiuto del governo di concedere benefici coniugali alle coppie dello stesso sesso.
Hong Kong guarda con preoccupazione al governo cinese, che tenta già di immischiarsi negli affari della sua società e di imporre le sue leggi. Il governo autonomo ha fatto molti passi avanti verso l’uguaglianza e verso il raggiungimento di un livello pari a quello di altri Stati, ma le pressioni di Pechino rischiano di vanificare gli sforzi fatti.
Ecco allora che Hong Kong annuncia un passo storico nella storia del Paese e della sua televisione. A inizio novembre andrà in onda sulla rete TVB Boyscation, un reality show per trovare l’amore (molto simile a The Bachelor) i cui concorrenti saranno solo uomini gay. Il produttore e conduttore è l’attore Vinci Wong, che ha fatto coming out nel 2013 e sposato il suo compagno tre anni dopo all’estero e che ha così condiviso le prime indiscrezioni sui social: «Il capitolo più importante della mia carriera televisiva. Il tentativo più straordinario nella storia della TV di Hong Kong». Straordinario lo è davvero. Fino a qualche tempo fa, un programma come questo sarebbe stato impensabile.
La comunità LGBTQ+ di Hong Kong continua instancabilmente a lottare e il programma sarà sicuramente una spina nel fianco per Pechino, che sulle persone queer applica repressione sociale e politica. Seppur anche qui i problemi non manchino, la regione autonoma potrebbe essere uno degli ultimi baluardi contro l’oscurantismo della Repubblica popolare. La mossa di Hong Kong è senza precedenti, ma la speranza degli attivisti è che si trasformi invece in un precedente per una sempre più larga apertura.
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Con tutto il cuore spero l'articolista non ci comunichi chiusure e censure di questo spettacolo. Nessuno , di buon senso , si fa illusioni circa la " normalizzazione" di HKG e il suo appiattimento ai dettami del PC cinese. Guardo con apprensione alle dichiarazioni del governo di Pechino circa il destino di Taiwan , unica Nazione nell'immenso Continente Asia ad avere , oltre i diritti umani garantiti , il riconoscimento del Matrimonio Omosessuale.