L’Italia non è certo un paese rinomato per i coming out dei suoi vip, tant’è che spesso la stampa li confonde con gli outing anche se, in effetti, i secondi sono ancora meno diffusi dei primi. Non parliamo, poi, di outing postumi, che nel nostro paese sono un’assoluta rarità. Eppure di recente ce ne sono stati un paio abbastanza interessanti, che sono passati praticamente sotto silenzio e che dovrebbero farci riflettere. Tutto è cominciato con un’intervista rilasciata al settimanale Panorama dall’attore e doppiatore Luca Ward, che forse qualcuno si ricorderà come naufrago nell’edizione dell’Isola dei Famosi a cui partecipò anche Aldo Busi. Luca Ward, su Panorama, ricorda la sua esperienza come doppiatore nel film a tematica gay «Amici, complici, amanti» (Torch Song Trilogy, 1988), scherzando sul fatto che gli toccava doppiare scene un po’ imbarazzanti. Il giornalista, che evidentemente ha voluto puntare su un titolo ad effetto, ha intitolato l’intervista «Luca Ward: fatemi doppiare chiunque, ma non un gay», suscitando un certo sgomento. Ward, che evidentemente non è omofobo e si è risentito molto dell’immagine che veniva data di lui, qualche giorno fa ha voluto rilasciare un’intervista riparatrice presso un noto blog gay, dove ha voluto precisare che non ha mai detto la frase del titolo e che.
«Quel film lo abbiamo fatto fra l’altro in un clima, mi ricordo, molto bello – ha raccontato Ward -. Alcuni colleghi di quel periodo non ci sono più, ed erano gay, come Roberto Del Giudice, Sergio Di Stefano… Si respirava un’aria di contentezza, perché il cinema finalmente affrontava questo tema in un bel film, molto delicato, fatto a regola d’arte per quanto mi riguarda, ma anche secondo i miei colleghi omosessuali». Probabilmente i nomi di Roberto Del Giudice (1940-2007) e di Sergio Di Stefano (1939-2010) non sono molto noti ai non addetti ai lavori, ma nel loro curriculum sconfinato ci sono personaggi che definire amatissimi è riduttivo. Tuttavia, nonostante l’impronta che queste voci hanno dato a tanti film e telefilm (Sergio di Stefano è stato il Dr. House, ad esempio), è innegabile che il loro contributo più evidente sia andato ad alcune popolarissime serie animate. Basti pensare a Roberto Del Giudice che dava la voce a Lupin III e a Sergio Di Stefano che interpretava Barney Rubble (il bonario vicino di Fred Flintstone).
Probabilmente, se nel nostro paese ci fosse stato un altro clima, questi due attori avrebbero potuto dichiararsi pubblicamente e diventare due icone per la comunità gay mentre erano in vita, anche perchè il loro lavoro poteva fare da ponte fra il loro essere gay e i tantissimi fans dei personaggi a cui hanno dato la voce. Forse, se fosse stato di pubblico dominio che il doppiatore di Lupin III – noto donnaiolo – era gay, tantissime persone etero avrebbero percepito gli omosessuali come qualcosa di meno distante, o perlomeno come qualcosa che poteva fare parte delle loro vite senza creare alcun problema. Purtroppo non è stato così, e c’è da chiedersi perchè, visto che i due doppiatori in questione, a quanto pare, con i loro amici e colleghi erano dichiarati da sempre e comunque nel tempo hanno prestato la voce a tanti personaggi cult per la cultura gay, come Miss Piggy (nel caso di Roberto del Giudice) o Hana (la travestita di Tokyo Godfathers, resa alla perfezione da Sergio Di Stefano).
Forse questi outing postumi sono tali non perchè i diretti interessati avevano dei problemi a dichiararsi, ma semplicemente perchè pensavano che non avrebbe fatto alcuna differenza, visto che in Italia i vip gay sono considerati altri, anche dalla stessa comunità gay. Eppure questo potrebbe essere un errore: negli USA, ad esempio, alla fiera del fumetto di New York le associazioni gay hanno istituito un premio alla memoria di Maddie Blaustein (1960-2008), doppiatrice transessuale dei Pokemon, a riprova del fatto che il concetto di vip LGBT può e deve essere molto più inclusivo.
di Valeriano Elfodiluce
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