Non ricordo quando, ma tempo fa, in qualche angolo dell’internet, qualcunə mise sullo stesso piano la discriminazione delle persone LGBTQIA+ con l’essere vegani. Ricordo che nella bolla social si scatenò il putiferio: buona parte degli utenti considerarono il post inadeguato, ridicolo, e fuori contesto. Buona parte degli utenti era queer e non escludo di aver detto la mia anche io: avrò portato gli occhi al cielo, unendomi al coro degli indignati e scaraventando lo smartphone fuori la finestra davanti l’ennesima infografica che reclama inclusività su Instagram. Per quanto le infografiche siano effettivamente insopportabili, noi esseri umani potremmo esserlo di più. Oggi – complice una buona dose di psicoterapia e un’estrema avversione alla polemica sterile – mi chiedo se c’è ancora spazio per una posizione che non ci confini esattamente destra o sinistra della careggiata, lasciando spazio per una domanda libera: esiste effettivamente una correlazione tra essere queer e vegani?
La giornalista Josie Le Vay nel 2021 ha creato un sondaggio su svariati gruppi vegani su Facebook, chiedendo agli utenti se si identificassero come LGBTQIA+. Su 925 risposte, il 66.4% erano persone queer. Noi persone queer, chi più chi meno, siamo suscettibili all’oppressione del sistema: l’intera conversazione sull’intersezionalità ci invita a notare come l’omobitransfobia sia strutturalmente connessa al razzismo sistematico, l’abilismo, la violenza di genere, e sessismo. Questo ci rende automaticamente più sensibili all’oppressione e la violenza rivolta ad altre specie? Chi scrive non è vegano. Al peggio, chi scrive non riflette mai abbastanza su quello che mette in bocca, e prima o poi ne pagherò le conseguenze. Mentre verto nel mio stato di serafica incoscienza, tre quarti delle persone che conosco passano al veganesimo o stanno seriamente valutando di farlo. Non posso fare a meno di notare che entrambi i casi sfidano le norme dell’opinione pubblica, scombinano le carte in tavola, e offrono (letteralmente) un piatto differente da quello che siamo abituati ad ordinare con il pilota automatico. Come scrive C. Lou Hamilton su Veganism, Sex, and Politics: “[Il veganesimo] sfida identità e abitudini, includendo anche in che modo definiamo il nostro piacere e desiderio“.
Nel suo Queer Vegan Manifesto, l’attivista Rasmus R. Simonsen trova dei punti in comune nel coming out, sia tra persone queer che vegane: Simonsen racconta che quando ha dichiarato a sua madre di essere vegano, la prima risposta è stata: “Quindi non potrò mai più cucinare per te?“. È una di quelle risposte automatiche, dettate dal pregiudizio e la paura, che prima di conoscere l’argomento scadono rapidamente nel timore di non integrarci più in società. Qualcosa che mi ricorda fin troppo bene le reazione dei miei genitori quando ho detto che mi piacciono i ragazzi, e mille altri esempi del caso.
Mettendo i dovuti puntini sulle i, perché se c’è una principale linea di demarcazione tra queste due realtà sono le implicazioni: è improbabile che tu venga sbattutə fuori di casa, picchiatə, e aggreditə pubblicamente perché sei veganə. “Le persone vegane non vivono neanche minimamente le sfide legali e sociali delle persone queer” spiega JP Casey (sportiv* e non binary), aggiungendo che metterle sullo stesso piano suona piuttosto problematico in quanto non esistono paesi dove essere vegano è illegale o pericoloso per la tua incolumità. Discostandomi il più lontano possibile dalla retorica “gay ci nasci”, a differenza di una dieta vegana, identità di genere e orientamento sessuale non si scelgono.
Ma sia le persone queer che quelle vegane si ritrovano spesso a fornire spiegazioni inutili ad una società che universalizza il proprio punto di vista, a seconda del contesto: una delle mie più care amiche (bisessuale e vegana), ogni singola volta che ha cenato a casa dei miei genitori, si è ritrovata a rispondere alla puntuale domanda di mio padre: “Ma perché non una bella bistecca?” come se il suo fosse un dispetto o una moda interscambiabile in base alla stagione. È la stessa scuola di chi pubblica foto della braciolata con gli amici scrivendo sotto “alla faccia dei vegani”. Dare per scontato che tuttə muoiono dalla voglia di mangiare una fiorentina, che non possiamo essere attrattə da entrambi i generi (“prima o poi dovrai scegliere”) e che esistono solo maschi e femmine.
Kelsie Colclough, asessuale e vegana, spiega che nell’identità come nell’alimentazione, le persone sono abituate a pensare che si stia “privando” di qualcosa, che sia sesso o carne. Ma quando si circonda di persone queer e vegane percepisce un’accoglienza, comprensione, e libertà comunicativa difficilmente riscontrabile nelle altre interazioni quotidiane: “Indirettamente le persone che stanno riconsiderando la propria sessualità oltre l’eterosessualità potrebbero anche avere un pensiero più critico e ponderato su quello che mangiano” spiega Colclough.
Stando ad un sondaggio del 2021, su 925 risposte da persone vegane, il 66.4% si identifica come queer.
Tuttavia, la cultura mainstream tramuta le migliori cause in cartine tornasole a favore della macchina capitalista: come a Giugno i brand si tingeranno d’arcobaleno –monetizzando sulle nostre battaglie e rafforzando, indirettamente o meno, la stessa macchina che ci opprime e sfrutta a proprio piacimento – McDonald ci offrirà l’hamburger di carne vegana.
Per non ridurlo ad un trend di passaggio, Simonsen ci tiene a non considerare queer e veganesimo come identità immutabili e stabili: se essere queer non consiste unicamente nell’appiccicarsi un’etichetta e fossilizzarsi in una definizione fatta e finita, essere vegani va molto oltre il semplice boicottaggio di prodotti derivati da animali. Al contrario, è un invito a formulare un nuovo modo di rapportarsi agli esseri viventi, creando un legame che vada oltre l’uomo: “Gli animali smettono di essere prodotti che inseguiamo e strumentalizziamo per soddisfare i nostri bisogni, e diventano creature che riconosciamo come nostri simili.” scrive Hamilton: “Anche essere queer significa sviluppare un legame che vada oltre la famiglia tradizionale e le norme strutturali.”
Queer e veganesimo si incontrano al dibattito che mette in discussione i propri retaggi culturali che va oltre la singola definizione: tutto quello che mi hanno insegnato è l’unica realtà possibile o c’è molto altro? Come posso riscrivere sessualità e alimentazione secondo i miei termini e non quelli della società dominante? Cosa significa essere davvero “normali” rispetto le norme comuni? Tutte domande che – volenti o meno – potremmo farci sedutə allo stesso tavolo.
One thought on “Il punto d’incontro tra essere queer e veganə”
Sono vegetariano da molti anni e articoli come questo mi lasciano sgomento. Per me la scelta di essere vegetariani o vegani deve avere motivazioni essenzialmente scientifiche, deve essere basata sulla consapevolezza che questo modo di mangiare è salutare per il nostro organismo, per il benessere psico-fisico. In tutto l’articolo non c’è nemmeno un accenno alla scienza, sembra che la scelta di essere vegani derivi da una moda, un capriccio personale, o qualcosa che si confà all’essere queer, cosa ridicola. Mi è capitato di conoscere persone vegane che non avevano nessuna nozione di scienza dell’alimentazione. Solo la conoscenza scientifica e la cultura permettono di fare giuste.
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Sono vegetariano da molti anni e articoli come questo mi lasciano sgomento. Per me la scelta di essere vegetariani o vegani deve avere motivazioni essenzialmente scientifiche, deve essere basata sulla consapevolezza che questo modo di mangiare è salutare per il nostro organismo, per il benessere psico-fisico. In tutto l’articolo non c’è nemmeno un accenno alla scienza, sembra che la scelta di essere vegani derivi da una moda, un capriccio personale, o qualcosa che si confà all’essere queer, cosa ridicola. Mi è capitato di conoscere persone vegane che non avevano nessuna nozione di scienza dell’alimentazione. Solo la conoscenza scientifica e la cultura permettono di fare giuste.