Jacques D’Adelswärd-Fersen: storia di un poeta gay tra pederastia e “messe nere”

La versione francese del processo a Oscar Wilde porta il nome di un altro letterato di cui il mondo, a quasi cento anni dalla morte, conosce ancora poco o nulla.

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Il nome di Jacques D’Adelswärd-Fersen non è fra i nomi più noti nella storia della letteratura, e nemmeno in quella della cultura LGBTQ+. Scomodo in vita e sostanzialmente ignorato dopo la morte, il recente libro di Gianpaolo Furgiuele Jacques D’Adelswärd-Fersen. La cospirazione delle sirene (Giuliano Ladolfi Editore, 2021) può aiutare a fare luce su questa figura contraddittoria e decisamente sui generis.

Il barone Jacques D’Adelswärd-Fersen (1880-1923) apparteneva allo strato più alto della società francese. Bella vita, soldi, conoscenze e possibilità di sbocchi importanti erano alla sua portata, e durante i primi anni della propria vita il giovane Jacques beneficiò di tutti i vantaggi derivanti da una posizione privilegiata come la sua. Aveva inclinazioni che guardavano al mondo delle lettere e delle arti e che coltivava dando prova di un discreto talento. Ne aveva però anche altre meno lecite, come ad esempio quella di essere attratto dal suo stesso sesso. L’alta società del tempo era un ambiente contraddittorio dove l’omosessualità rappresentava la doppia vita di molti galantuomini, ma non poteva in alcun modo essere esibita. Esistevano quindi dei margini di tolleranza che però era molto consigliabile non mettere alla prova. Quegli stessi margini che Jacques D’Adelswärd-Fersen, invece, oltrepassò in svariate occasioni, e non solo per il suo modo di fare poco discreto.

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G. Furgiuele, “Jacques D’Adelswärd-Fersen. La cospirazione delle sirene”, Giuliano Ladolfi Editore, Novara, 2021, pp. 128

Le attenzioni del giovane barone non erano infatti riservate a uomini maturi o a coetanei, bensì ad adolescenti, una categoria che le leggi di ieri proteggevano esattamente come fanno quelle di oggi. D’Adelswärd-Fersen era solito intrattenersi con loro durante i numerosi festini che organizzava. Lo svolgimento di questi appuntamenti univa la consumazione di atti sessuali alla celebrazione di riti esoterici e iniziatici ripresi dalla cultura pagana (ovvero di “messe nere”, come sentenziò subito l’opinione pubblica). Tutto ciò venne presto portato allo scoperto e nel 1903 Jacques D’Adelswärd-Fersen finì a processo; la condanna – dura – previde una multa salata, alcuni mesi di carcere e la perdita provvisoria dei diritti civili.

Il primo a paragonare il caso D’Adelswärd-Fersen a quello inglese di Oscar Wilde fu lo stesso barone, il quale fu a sua volta costretto a scegliere l’esilio. L’Italia, all’epoca, era uno dei rifugi più ambiti per chi finiva travolto dagli scandali omosessuali. E il Golfo di Napoli in particolare godeva di una fama “gay friendly” di lunga data di cui, durante la prima metà dell’800, aveva beneficiato lo stesso Giacomo Leopardi. Si pensi solo che in una manciata d’anni tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, Capri, la stessa isola in cui D’Adelswärd-Fersen scelse di ritirarsi, ospitò Wilde appena uscito dal carcere di Reading e Friedrich Alfred Krupp, il magnate tedesco dell’acciaio i cui rapporti con i giovani isolani lo portarono dapprima alla gogna pubblica e poi al suicidio nel 1902. È una pagina di storia molto interessante in cui si intrecciano letteratura, costume, gossip e scandali, ma anche stili di vita principeschi, architettura liberty e fiumi di soldi.

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Jacques D’Adelswärd-Fersen insieme al compagno Nino Cesarini a Capri (fonte: Wikipedia).

A proposito di architettura e di fiumi di soldi, a Capri Jacques D’Adelswärd-Fersen non si perse d’animo e iniziò una serie di progetti, tra cui la costruzione di una sontuosa villa dagli elevati standard estetici e la scrittura della sua opera letteraria più importante, Lord Lyllian (1905), direttamente ispirata alla storia del suo processo. Akadémos, invece, era il titolo della rivista mensile che D’Adelswärd-Fersen fondò nel 1909; la pubblicazione non andò oltre un anno, ma rimane comunque una pietra miliare perché rappresentò una delle primissime riviste a tematica omosessuale, la prima in assoluto in lingua francese.

Malgrado il temperamento fiducioso e i numerosi progetti avviati e da avviare, Jacques D’Adelswärd-Fersen restò una vittima della moralità del tempo (non meno che dei suoi stessi eccessi) fino alla fine dei suoi giorni. Ormai abbandonatosi a numerosi altri vizi oltre che alla pederastia, nel 1923 si tolse la vita. Con la scomparsa dai giornali scandalistici, il suo nome finì molto presto per sparire anche dalle altre parti. La sua opera come poeta e intellettuale è rimasta quindi ignorata per molti anni, e ancora oggi il pubblico francese non ne sa molto di più di quello italiano. Jacques D’Adelswärd-Fersen. La cospirazione delle sirene, il libro da cui ha preso il via l’articolo di oggi, potrebbe essere una buona occasione per conoscere meglio le vicende di quest’uomo nostalgico del mondo ellenico, un personaggio che, a suo modo, rientra comunque fra i pionieri dell’attivismo LGBTQ+ a cui noi tutti dobbiamo molto.

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