La gestazione per altri fa più paura dei non genitori

La paternità di Tiziano Ferro e suo marito Victor ha scatenato i bassi istinti delle persone apparentemente più illuminate. Facciamo il punto.

gestazione per altri GPA tiziano ferro
gestazione per altri GPA tiziano ferro
5 min. di lettura

L’unico vero, universale e visibile tabù vive nella parola “genitorialità”. Tutto ciò che concerne questa parola, riconducibile al patrimonio genetico della società, crea un pudore che genera uno strano silenzio.

La “genitorialità” esiste, ma è meglio non parlarne per non prende atto della sua naturale evoluzione. Quando si prova a farlo, a includere persone che – inevitabilmente, in un’età adulta – affrontano la questione, parte la baruffa. Da questo fracasso, almeno negli ultimi decenni, se ne esce più poveri. Chi prova ad affrontare la questione, subito rinuncia, per evitare il ricovero psichiatrico. Parlare di “genitorialità” manda, in taluni casi, ai pazzi.

 

Donne che non sono mamme
Singolare, a tal proposito, è la storia recente della parola che all’inizio del millennio è stata timidamente associata alla scelta sacrosanta di una donna di diventare madre. I media, in particolare quelli americani, han provato a legittimare con telefilm (su tutti il “Sex and the City” del 1998 con una protagonista che con serenità affronta un percorso di non “genitorialità”) le donne che scelgono di non avere figli. Il tentativo non ha raggiunto il traguardo sperato se, trent’anni dopo, la fine dell’era Merkel (cancelliera della Germania dal 2005 al 2021) è stata raccontata da analisi che hanno posto l’accento sul suo percorso di “non maternità”, invece che su quello politico. Su un uomo di pari CV, duole ammetterlo, sarebbero stati fatti commiati meno ispirati all’immaginario di Giorgia Meloni.

Se non si è donna, madre e cristiana, è difficile, ancora oggi, essere prese in considerazione. Poco importa se si rappresenta una percentuale importante della popolazione.

Solo in Italia, il Paese dei mammoni, una donna su 4 sceglie di non avere figli.

Come sei diventat* genitore
A questo silenzio, da qualche tempo se n’è aggiunto un secondo. Oltre a chiedersi se è giusto per una persona, uomo o donna che sia, essere genitori, si inizia a disquisire sul come un individuo debba intraprendere un percorso di “genitorialità”.

Chi è diventata/o madre o padre senza un rapporto sessuale, evita di raccontare la genesi della sua famiglia. Diventare genitori grazie alla tecnologia messa a disposizione dalla medicina è considerato disdicevole.

Per evitare, probabilmente, di dire che è ricorsa alla gestazione per altri, Naomi Campbell ha fatto una bella gaffe nell’intervista rilasciata a Vogue UK sulla nascita della figlia.

La top model, che non è mai apparsa in pubblico in stato interessante, ha detto che la bambina non è stata adottata facendo, giustamente, incazzare le persone che sono diventate genitori grazie a questa pratica sempre più inaccessibile in Italia. I paletti anacronistici della politica (su tutti quelli che impediscono ai single etero o gay e alle coppie omoaffettive di intraprendere questo percorso) nel 2020 hanno generato un record negativo.

Nel paese con una della natalità più basse del Mondo – l’Italia – si riescono ad adottare meno di 1000 bambini all’anno.

 

La gestazione per altri (GPA)
Di gestazione per altri, in queste ore, si parla tanto dopo la notizia della paternità di Tiziano Ferro e del marito Victor, genitori di Margherita e Andreas.

Il cantante non ha rivelato come i 2 bambini siano entrati nella sua vita, se con l’adozione o la gestazione per altri. Nonostante ciò, le editorialiste che si sono occupate della vicenda (a quanto pare la “genitorialità” è ancora una questione da donne, anche per i quotidiani che non perdono occasione per fare pink e rainbow washing) hanno iniziato una crociata contro il cantante e la sua supposta scelta di diventare padre attraverso la gestazione per altri.

Ammetto di esser stato colpito dai toni, soprattutto dopo settimane di pagine dedicate alla “genitorialità” over. Davo ingenuamente per scontato che sulla questione fossimo arrivati a un sereno “liberi tutti”, grazie al quale si può scegliere se e come diventare genitori. Mi sbagliavo.

Per le 24 ore successive all’annuncio di Tiziano Ferro, che ho ripostato sui miei social, accompagnato da un “sarai un genitore super”, mi sono confrontato con una giornalista che, probabilmente, vede in me l’erede di Mengele (uno dei più crudeli criminali nazisti) per la scelta di sostenere pubblicamente la possibilità di una persona di diventare, se lo vuole, genitore come meglio crede.

Il confronto mi è stato utile perché ho capito quanta confusione ci sia attorno la gestazione per altri che effettivamente non viene mai raccontata, quindi normalizzata.

L’unico tentativo, a memoria, che è stato fatto risale al 1998 durante la stagione del telefilm Friends in cui Phoebe, una delle protagoniste, sceglie di portare avanti la gravidanza che la moglie del fratello non può sostenere a causa dell’età. Da allora il silenzio. Non esistono contenuti, anche saggi, che diano alle persone gli strumenti per poter farsi un’idea sulla pratica che è un’opzione nei paesi dove la “genitorialità” è per tutti.

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Cose che ho capito sui pregiudizi intorno alla GPA
Questo vuoto informativo genera, inevitabilmente, un confronto isterico non basato su informazioni reali. Dal mio confronto, con la persona contraria alla gestazione per altri, ho capito delle cose.

La prima è sul lessico. C’è ancora una gran confusione sui termini da usare. È sbagliato parlare di utero in affitto, perché, dal punto di vista giuridico, rimanda a un lessico immobiliare che non è aderente a quello che succede. L’affitto è una condivisione temporale che ha un suo inizio e una sua fine. La gestazione per altri è – invece – un percorso che ha un inizio ma non una fine.

Nel 99% dei casi la donna che decide di aiutare una famiglia rimane nella vita dei genitori del neonato, con cui condivide tutta la gravidanza, e dopo.

Diventa una persona di famiglia a tutti gli effetti, una sorta di zia come lo sono le amiche o gli amici dei genitori. La dicitura corretta è gestazione per altri.

L’altro fraintendimento riguarda l’orientamento affettivo della persona o della coppia che decide di intraprendere questo percorso.

La gestazione per altri è una scelta fatta per il 70% da coppie eterosessuali e solo il 30% da coppie omosessuali composte da uomini o donne. È un percorso che non affrontano solo gli uomini. Molte donne arrivano alla gestazione per altri dopo aver avuto problemi di fertilità.

Il mistero più grande riguarda le persone che nel pieno delle loro facoltà mentali e della legge scelgono di intraprendere questo percorso. Nei Paesi dove la gestazione per altri è regolamentata da una legge, le donne che scelgono di aiutare single o coppie a diventare genitori, devono avere un reddito e un patrimonio sufficienti da non fugare il sospetto che esse intraprendano il percorso per necessità economica. Devono inoltre avere un’esperienza pregressa di maternità, per evitare che sul percorso si riversi un desiderio dormiente.

L’altro falso mito riguarda l’embrione impiantato. La gestazione per altri è una fecondazione medicalmente assistita e come tale l’ovulo fecondato (che è di una donna diversa da quella che intraprende la gravidanza) è soggetto a un’analisi pre-impianto che avviene in tutti i casi di fecondazione senza un rapporto sessuale.

C’è poi tutta la questione relativa alla presunta necessità del/i genitore/i di riconoscere, nel proprio paese d’origine (se diverso da quello dove avviene la gestazione per altri), il figli. Il riconoscimento è necessario per i genitori non riconosciuti dallo stato. In Italia, nello specifico, serve solo per le persone di una coppia omoaffettiva che risultano essere entrambi i genitori nel certificato di nascita del/i bambino/i erogato dal paese in cui è avvenuta la gestazione per altri. In Italia i genitori single, etero o gay, o le coppie eteroaffettive non hanno bisogno di questo passaggio legale.

Da qui, probabilmente, bisogna partire quando si parla di percorsi genitoriali. Prima ancora di schierarsi da una parte o dall’altra del dibattito, bisognerebbe chiedersi perché lo Stato, in particolare quello italiano, non si comporta da buon padre di famiglia e tramite leggi e attività divulgative fa sentire tutti, per davvero, figli.

 

Qui gli articoli dedicati da Gay.it

al film “Il filo invisibile”

con Filippo Timi e Francesco Scianna (< intervistato) >>>

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