Nel lontano 2009, quando nel mondo della musica nomi come quello di Lady Gaga ridefinivano l’esprimere sé stessi e la propria arte, l’industria musicale inglese sembrava essere ancora un po’ chiusa riguardo gli artisti queer emergenti. Quei giorni sono ora lontani, anche nella scena pop del Regno Unito, ma a riprova della pervasiva omofobia che si annidava all’interno delle case di produzione è arrivato il racconto di Ladyhawke, nome d’arte di Pip Brown, cantante neozelandese diventata un’icona della musica queer.
Nata nel Distretto di Masterton, la sua carriera è iniziata quando si è trasferita in Inghilterra. La poliedrica artista – cantante, autrice e polistrumentista – si affacciava sul panorama sicura di due cose: voleva parlare al mondo con le sue canzoni ed era queer. Aveva già fatto coming out pubblicamente in Nuova Zelanda, ma la notizia non era arrivata ai tabloid inglesi. Per questo, quando arrivò il suo momento, con l’album di debutto ‘Ladyhawke‘, l’accoglienza non fu quella che si aspettava.
«È stata davvero dura perché avevo fatto coming out da anni. Tutti sapevano che ero queer, avevo avuto diverse ragazze. Quando mi sono trasferita nel Regno Unito, sentirmi dire che non mi era permesso parlare della mia sessualità e che avrebbe rovinato la mia carriera è stato… la mia autostima come musicista donna è già abbastanza bassa. Sentirmi dire questo mi ha fatta sentire disgustosa»
Ladyhawke non era l’unica. Durante un’intervista rilasciata a PinkNews, ha ammesso di conoscere anche altri artisti che avevano ricevuto le stesse pressioni da «una varietà di persone nell’industria musicale», di cui però non è ancora pronta a rivelare i nomi. «Non voglio nemmeno aprire quella porta. Non penso di essere ancora abbastanza forte per affrontare tutto ciò», ha spiegato.
Le cose sono decisamente cambiate e la cantante, che ora sta promuovendo il suo nuovo album, ‘Time Flies‘, dopo una pausa di cinque anni, se ne è rallegrata, senza però nascondere un velo di amarezza: «Vorrei che fosse stato così quando stavo facendo il mio primo disco», ha raccontato, «C’è sempre lavoro da fare, ma è incredibile che ci siano ragazzi che fanno musica e hanno altri artisti gay a cui guardare che hanno fatto coming out».
«Non è più uno scandalo, è così e basta, cioè come avrebbe sempre dovuto essere»
La musica di Ladyhawke ha sempre avuto a che fare con il mondo LGBTQ+. I suoi testi riflettono la sua esperienza come donna e cantante queer, del senso di colpa cattolico per essere cresciuta in una comunità fortemente religiosa. Nelle sue canzoni riflette non solo sulla sua vita ma anche sull’attivismo, facendo incontrare le sue emozioni con quelle della comunità. La cantante ha riservato anche qualche parola per i giovani artisti LGBTQ+ che si affacciano per la prima volta a questa industria, e su come affrontarla.
«Penso che si debbano considerare le motivazioni di una persona per essere coinvolta nella vostra carriera. Se qualcuno dovesse dire qualcosa di negativo sulla vostra identità, non dovete avere niente a che fare con loro. Adesso l’essere queer è solo un di più per la vostra carriera. Il mio consiglio è quello di essere voi stessi e di non scendere a compromessi per nessuno»
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