Fervono i preparativi per l’edizione numero 70 del Festival di Sanremo, la prima condotta dal celebre Amadeus. In arrivo su Rai Uno dal quattro all’otto febbraio, cresce l’attesa per la kermesse canora di quest’anno, che miscela tradizione e innovazione. Tra i big in gara, molte le vecchie glorie e tanti gli artisti che provengono dai talent. C’è bisogno però di soffermare l’attenzione su Levante, in gara al Festival. La cantante originaria di Caltagirone ha già all’attivo ben quattro album, di cui uno live pubblicato nel 2017, e diversi singoli che hanno avuto anche un buon successo, eppure la giovane artista della musica italiana, non ha mai partecipato al Festival di Sanremo, anzi non è mai stata presa in considerazione. Almeno fino ad ora. Per lei è come se fosse una rivincita.
Levante debutta sul palcoscenico dell’Ariston con una canzone pungente e aperta ai diversi problemi che stanno strozzando la nostra società. Parlerà di omofobia e di discrimini nazione di genere, come ha rivelato a Il Corriere.
Era un desiderio che credevo di non poter mai realizzare. Non ci speravo quasi più. La mia Tikimbombom ha un titolo forviante, non mi sono data al reggaeton. Mi piace solo ballarlo. Di cosa parla il testo? È una lettera a quattro persone che mi piacciono. C’è la mia visione, la descrizione delle loro fragilità, e poi quella che il mondo ha di loro. È una lettera rassicurante per dire che la diversità è ricchezza. Canto di chi resta indietro ma anche di chi vuole rimanerci, gli ultimi con orgoglio, quelli che si sentono poco capiti e che sono messi in disparte.
L’intervista di Levante è anche un modo per aprire una parentesi sulle sensazioni che ha provato nel momento in cui la sua canzone è stata scelta per il Festival. Afferma di vivere il momento senza aspettative.
Nel 2013 ho presentato Sbadiglio, finito poi nel mio album di esordio. Ci ho provato nel 2015 ma niente ancora. Chi sono le persone di cui parlo nella mia canzone? Sono 4: un animale stanco, un’anima indifesa, un freak della scuola preso in giro perché è una femminuccia e un’anima in rivolta rappresentata da una ragazza che indossa una gonna, e quindi presa di mira. Nella mia canzone critico l’omofobia e la società che vuole il maschio in un certo modo. È proprio una questione di cultura e di educazione sessuale a partire dall’infanzia. Dall’insegnare che il blu è per i maschi e il rosa per le femmine. Che i primi sono forti, e le donne sono deboli.
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