L’arte contemporanea divide, da sempre. L’ultima provocazione arriva dal Museo della Città – Luogo Pio Arte Contemporanea di Livorno, grazie ad una targa in ottone realizzata dall’artista Ruth Beraha, ebrea e omosessuale, che recita: “Vietato l’ingresso agli ebrei e agli omosessuali”.
Un autoritratto per riferimenti biografici, “una piccola targa specchiante che porta un odioso messaggio, da collocare sulla soglia di un negozio, un’abitazione, così come una mostra, con l’obiettivo di sollecitare riflessioni e quesiti sui razzismi quotidiani dentro e fuori di noi”. Scambiato per un cartello vero, reale, esposto dallo stesso museo, un giovane l’ha ricoperto con della vernice nera, come denunciato sui social da Paola Tognon, direttrice dei musei civici labronici.
Ieri pomeriggio, 29 aprile 2019, abbiamo allestito all’ingresso esterno del Museo della Città – Luogo Pio Arte Contemporanea di Livorno, l’opera di Ruth Beraha “Io non posso entrare” (autoritratto). Una piccola targa in ottone specchiato che reca scritto: vietato l’ingresso agli ebrei e agli omosessuali. Stamane – 30 aprile 2019 – un giovane studente ha voluto interamente coprire con uno spray nero la targa ritenuta offensiva. Ritengo che questa opera di Ruth Beraha abbia in qualche modo sollecitato solo il primo e forse il più banale dei suoi messaggi, cioè quello di essere una semplice provocazione. Gli intenti di questa opera sono invece quelli di sollecitare una riflessione contro tutti i razzismi e le discriminazioni, quelle del passato, del presente e del futuro. Scrivo convintamente, oggi ancor più che ieri, che sono orgogliosa che Ruth Beraha sia entrata nel Museo di Livorno e abbia voluto costruire un progetto espositivo site specific che porta un titolo significativo: Non sarai mai solo. Ruth Beraha ha scelto di lasciare la sua opera, la targa, nella sua condizione attuale, annerita e quindi censurata. A monito e con la consapevolezza di una lotta contro ogni discriminazione.
Intercettato dalla Stampa, il ragazzo ha rivendicato il proprio gesto: “Per quanto si tratti di provocazioni artistiche, così si sdogana una deriva pericolosa e, siccome non tutti hanno le chiavi per decifrare i codici dell’arte contemporanea, in questo modo si presta troppo il fianco al fraintendimento“.
“Ma – hanno replicato curatrice e artista – è stata usata vernice nera, il colore è quello che copre tutto e per impedire la discriminazione finisce per censurare: e non un’opinione discriminatoria bensì un’operazione artistica volutamente disturbante che punta ad alzare il velo di quel che siamo nel profondo“.
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