Repubblica ha incontrato a Roma gli ospiti della prima casa per anziani LGBT: 60enni, gay, lesbiche o bisex la maggior parte single, ma alcuni anche in coppia. Molti di loro sono soli perché hanno interrotto i rapporti con la famiglia di origine e se provano ad avvicinarsi ad un centro anziani convenzionale ostilità e pregiudizio. Per questo hanno deciso di provare a vivere insieme.
Un cohousing lgbt, una casa di riposo gay, una spcecie di comune. “Chiamatela come vi pare“, spiega il promotore dell’iniziativa, Nicola Di Pietro, pizzetto bianco, sopracciglia nere. “Non vogliamo finire soli in un ospizio omofobico. Noi vogliamo costruire una comunità dove ci sia solidarietà e nessuno resti fuori se ha problemi economici o se non è più autonomo, se ha una qualche disabilità oppure ha l’hiv. Vogliamo prenderci cura gli uni degli altri“.
L’idea di vivere insieme è nata nel 2015: il circolo Mario Mieli propone Angelo Azzurro, un progetto rivolto agli anziani omosessuali. Obiettivo? Migliorare la loro qualità della vita e sensibilizzare i servizi territoriali. Regione Lazio e Comune di Roma lo finanziano.
Alcuni si conoscono da anni, altri da qualche mese. È la generazione rimasta fuori dalle famiglie omogenitoriali, e sono poche le coppie unite civilmente dopo anni di battaglie.
“Abbiamo attraversato l’epidemia dell’Aids – racconta ancora Fabio Bo, giornalista e critico cinematografico – non pensavamo di arrivare alla nostra età, il futuro non era nemmeno preso in considerazione. Ora ci ritroviamo per fortuna sopravvissuti e quindi l’esperienza di una comune gay è tutta da costruire“.
Il progetto è appena nato e c’è il bisogno di tutti. L’indirizzo e-mail per contattare il gruppo è anzianilgbt@libero.it