++ AGGIORNAMENTO (16.39) ++: Il sito del comune di Padova è stato aggiornato e sono stati aggiunti due giorni utili per la costituzione delle unioni civili, il lunedì e il giovedì. Questo non cambia di molto la questione: mancano ancora gli altri giorni della settimana per equiparare le possibilità delle coppie etero a quelle gay.
Continua a far parlare la situazione surreale di Padova in fatto di unioni civili. Il sindaco leghista Bitonci solo alcune settimane fa aveva annunciato che le unioni, come un qualsiasi altro atto amministrativo, vanno celebrate solo il mercoledì mattina, dopo una corsa a ostacoli burocratici (immaginate la scomodità di una simile cerimonia nel mezzo della settimana lavorativa per parenti e amici che vogliano essere presenti), e solo nell’ufficio anagrafe di piazza dei Signori.
Le coppie padovane intenzionate ad unirsi però non ci stanno e hanno deciso di muoversi in massa: 5 coppie su 6 si uniranno infatti altrove, in paesi limitrofi. Sandro e Franco andranno a Battaglia Terme, Ivano e Giuseppe a Rubano, Alessandro e Diego a Teolo, altre due coppie a Vicenza e Venezia: solo una coppia di ragazzi ha accettato la vergognosa (e infondata) condizione del Comune.
“È una discriminazione inaccettabile, Padova è tra le poche città in Italia in cui il sindaco ha posto queste limitazioni: si contano sulle dita di una mano“, interviene il deputato Alessandro Zan. Infatt il Bitonci aveva “giustificato” la sua decisione in base a un presunto precedente, quello del comune di Bologna: “Anche lì si celebra solo al mercoledì”. Peccato che in sindaco della città emiliana Merola ha smentito subito su Facebook, facendo sapere di aver cominciato di mercoledì solo perché era il primo giorno utile (LEGGI >). “Stiamo valutando di denunciare Palazzo Moroni e chiedere il risarcimento danni: ci sono precedenti e una giurisprudenza che parla chiaro contro quei sindaci che un tempo ostacolavano i matrimoni civili. E, per la legge Bassanini, anche i funzionari comunali possono essere condannati a risarcire“, chiosa Zan.
L’aspetto utopico della vicenda è che Padova, uno dei centri più vivaci della comunità LGBT veneta e nazionale, attui questo tipo di assurde prevaricazioni. Il sindaco di Battaglia Terme, il piccolo centro che celebrerà una delle unioni padovane, commenta sulle decisioni di Bitonci: “Ogni sindaco risponde ai propri elettori. Io preferisco però rispondere alla mia coscienza“. E su Facebook, commentando la notizia, scrive Zan: “Alcuni sindaci si rifiutano di applicare la legge sulle unioni civili perchè la loro coscienza glielo vieta, altri invece la applicano perché la loro coscienza glielo impone. Sembra che l’unica coscienza degna di attenzione sia la loro e non quella dei cittadini, che al loro sindaco chiedono semplicemente, in piena coscienza, di applicare una legge“.
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Un commento che non riguarda la notizia in sé (becero, questo sindaco!): che vuol dire l’autore con la frase “L’aspetto utopico della vicenda è che Padova…”?
Capisco la voglia di unirsi, ma scappare in un’altra città equivale a dargliela vinta piuttosto si deve far ricorso alla magistratura contro un regolamento che per altro viola la legge.
Ma la magistratura dove sta? Nessun giudice che intervenga per questa violazione gravissima di legge commessa dal primo cittadino di una città, il massimo rappresentante delle istituzioni a livello locale oltre che pubblico ufficiale? E’ omissione o addirittura credo proprio in questo caso riufiuto di atti d’ufficio solo su querela di parte? La condanna è carcere da sei mesi a due anni. E a quanto pare l’articolo 50 del Codice di Procedura Penale prevede invece proprio la procedibilità d’ufficio. Allora delle due una: o i sindaci hanno pienamente diritto di fare così, oppure querele di arcigay o meno, i giudici non stanno osservando la legge non perseguendo di ufficio questi comportamenti.