Se qui si discute di reddito di cittadinanza, altrove spunta il “reddito di omosessualità”: in Kenya è di nuovo complottismo antigay.
Pagati per avere rapporti omosessuali. Dove si firma? No, non è un porno, ma l’ultima teoria assurda di Ezekiel Mutua, ex giornalista e ora a capo della Kenya Film Classification Board, l’organismo che decide cosa possono o non possono vedere i cittadini del Paese africano.
Secondo Mutua, strenuo avversario della comunità LGBTI, i giovani keniani sarebbero pagati per cedere all’omosessualità. Da chi? Dalle Ong ovviamente, diventate negli ultimi anni l’oggetto della denigrazione politica a varie latitudini: dalla campagna nostrana contro i “taxi del mare”, all’accusa di essere spie straniere in Venezuela e in Russia, fino all’insinuazione di fiancheggiare i terroristi, ventilata da turchi e israeliani.
Per Mutua l’omosessualità è una perversione occidentale, che non esiste in Africa e per questo ha chiesto al governo di “indagare sull’attività di alcune organizzazioni umanitarie straniere attive in Kenya – riporta il quotidiano locale, Nairobian – che si spostano nei villaggi per manipolare la nostra povera e innocente gioventù con fiumi di denaro, offrendo fino a 30 dollari per convincerli a incedere in questi atti depravati”.
Non è la prima volta che Mutua lancia una campagna contro l’omosessualità, solo di recente è sua la paradossale decisione di censurare il film Rafiki, la prima pellicola keniana selezionata per il Festival di Cannes. I rapporti omosessuali nel paese africano sono ancora illegali e possono essere puniti con la reclusione fino a 14 anni.
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