Il rapporto fra l’Italia e l’omosessualità ha sempre rappresentato un caso a sé. Infatti nel nostro Paese non sono mai state varate leggi che punivano gli omosessuali, preferendo reprimerli con metodi più sottili: uno strategico "silenzio" che ha avvolto l’argomento per decenni, il tacito appoggio alla condanna religiosa, ma soprattutto una sorta di tolleranza proporzionale alla "discrezione" della persona omosessuale. Unica eccezione consentita sono sempre stati gli omosessuali più folkloristici ed eccessivi, meglio se travestiti o aspiranti transessuali, perché confermavano tutta una serie di stereotipi e pregiudizi, e perché rinforzavano l’omofobia interiorizzata in buona parte della comunità glbt, con un effetto repressivo supplementare.
Una strategia che a lungo andare ha saputo certo centrare l’obbiettivo, tant’è che caratterizza ancora buona parte della nostra TV (che troppo spesso è la diretta emanazione dei poteri forti del nostro paese). Nella televisione italiana di oggi, però, si aggiunge anche una certa tendenza a voler fare confusione su certi argomenti. Altrimenti non si spiegherebbe come, dopo tanti anni, gli autori televisivi non abbiano ancora capito la differenza fra coming out e outing, fra drag queen e transessuali, fra omosessuali e transgender e via discorrendo. La sensazione è che tutto ciò non sia proprio casuale, soprattutto se si considera quello che succede nei reality e nei talent show italiani, dove – transessuali a parte – viene dato spazio a persone palesemente gay che scelgono di non dichiararsi o a gay che confermano i pregiudizi legati alla categoria.
Non parliamo poi delle fiction italiane, dove troppo spesso gli omosessuali hanno ruoli marginali, stereotipati e possono anche cambiare idea se trovano la donna giusta. Sarà un caso se nelle reti televisive degli altri paesi la tendenza è esattamente opposta? Prendiamo il caso della Spagna: quest’anno nel talent show “Operazione Trionfo”, c’era un concorrente gay "della porta accanto", che riceveva regolarmente le visite del suo compagno "della porta accanto", mentre a “Pekin Express” (un reality che si gioca a coppie e si basa su viaggi in condizioni estreme) ha partecipato anche una coppia di ragazzi gay. Da notare che erano una coppia di "machos latinos", tant’è che uno dei due aveva fatto anche diversi video hard con il popolare regista Kristen Bjorn. Allo stesso modo una delle serie che stanno andando per la maggiore fra i giovani spagnoli si chiama “Fisica e Chimica”, ed è ambientata in un liceo frequentato anche da un giovane gay di nome David (interpretato dal giovane Adrián Rodríguez Moya), che decide di fare coming out e di iniziare a cercare il suo posto nel mondo (e le sue prime storie).
Qualcuno dirà che, parlando di Spagna (dove si formano coppie gay persino nella locale versione di Amici), piove sul bagnato: eppure questo serial (arrivato alla quarta stagione) viene trasmesso anche negli USA, in Messico, in Francia e in molti altri paesi, ma non in Italia. Anche questo è solamente un caso? Forse vale la pena ricordare che in Italia non è mai arrivata nemmeno la soap tedesca "Verbotene Liebe", popolarissima fra i giovani teutonici, in cui la coppia gay formata da Christian e Oliver (i giovani attori Jo Weil e Thore Schölermann) è diventata un imprescindibile tormentone (grazie anche ai loro scambi di effusioni decisamente intensi!). Forse qualcuno potrà dire che dalle nostre parti le soap tedesche non sono molto popolari (anche se chi segue “Tempesta d’Amore” avrebbe da ridire), tuttavia il discorso è applicabile anche alle classiche soap americane.
Se da noi “Beautiful” prosegue imperterrita con i sui intricatissimi intrecci sentimentali (rigorosamente etero), e anche il classico “Sentieri” è ancora ben presente nei nostri palinsesti, nessuna emittente italiana sembra interessata a riprendere “Una vita da vivere”. Questa soap opera, guarda caso, sparì dai palinsesti italiani all’inizio degli anni ’90 (in pieno boom di soap e telenovelas), proprio quando nelle puntate americane iniziò a fare presenza fissa un adolescente gay di nome Billy Douglas (interpretato da Ryan Phillippe). Una coincidenza? A tutt’ora “Una vita da vivere” è una soap opera estremamente gay-friendly, tant’è che ultimamente sta puntando molto sul personaggio di Oliver Fish, un poliziotto gay interpretato dall’attore gay dichiarato Scott Evans. Nelle ultime puntate, in particolare, questo personaggio sta dando modo di affrontare temi come il coming out, i matrimoni gay, l’omofobia (interiorizzate e non) e molto altro ancora. Di esempi come questi se ne potrebbero fare tanti, e di certo questa non è stata una panoramica esaustiva, tuttavia è lampante che la situazione nell’insieme meriterebbe qualche riflessione in più. Dopotutto nulla accade per caso.
di Valeriano Elfodiluce
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