Qualche giorno fa – qui – abbiamo raccontato com’è successo che, nel corso della storia della letteratura, abbiamo eliso dal canone molte testimonianze estetico-letterarie legate all’omosessualità maschile. Dal Medioevo al Novecento, la censura è stata inesorabile e la sua influenza si fa sentire, implacabile, ancora oggi. 300.000 baci, il variopinto volume di Luke Edward Hall e Séan Hewitt, edito da Ippocampo, riprende il discorso e lo trascina ancora più indietro sulla linea del tempo. Il libro, infatti, guarda all’antichità greco-romana e vi scorge tracce di un passato queer rimasto sommesso o, ancora una volta, caduto vittima delle mistificazioni e delle condanne. Solo oggi finalmente, grazie agli strumenti e alle consapevolezze della nostra contemporaneità, pian piano stiamo riscoprendo storie di relazioni omoerotiche platoniche e passionali, oppure di prese di coscienza considerate pericolose e depravate.
A questo proposito, già l’incipit del testo che più di tutti si fa simbolo della nostra antichità, ossia Le metamorfosi di Ovidio, descrive – seppur a suo modo – la queerness come possibilità mitopoietica ed esistenziale: «A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi mi spinge l’estro». Tutto transita e può cambiare forma, se vuole. Tutto può diventare altro da sé, evolversi e cercarsi in un’altra pelle. È la Dysphoria Mundi di Paul B. Preciado. Tra le pagine di questo volume – vien da sé – Ovidio è citato più volte e, insieme a lui, anche Saffo, Achille, Patroclo e Alessandro Magno. Protagonistə, loro, di un passato conosciuto, sì, ma raccontato sempre sottovoce, come a non voler infangare con la macchia della “pederastia” l’antico immacolato. Ancora più interessante, però, è l’attenzione che Hewitt e Hall prestano nei confronti di vicende inedite, di voci misteriose e di iscrizioni anonime, dando vita e dignità a un’aneddotica impertinente, che affascina e sconvolge. Queste storie – e questa Storia – sono la controstoria, il controcanto e un altro ieri. Uno ieri fatto di desideri e di sessualità vibranti, di corpi tesi verso il godimento e di identità fluide, di amori irrazionali e sentimenti purissimi, di monogamie e tradimenti, di non-monogamie e forme di fedeltà.
Così, un graffito risalente all’antica Roma ci racconta l’Eros tra due donne – «Ma ora vai bambolina, da’ ai venti la tua gioia: credi a me, sono labili gli uomini.» – ed Eracle viene immortalato disperato sulla tomba dell’amato Sòstrato. E ancora, misteriosi incantesimi ci restituiscono le magie d’amore e di vendetta tra Sofia e Gorgonia, mentre Bassa rifiuta lo sguardo del poeta Marziale in favore della compagnia di altre donne («Ogni esigenza tua trova risposta nel tuo sesso, e dei maschi te ne infischi»). Non mancano i canti orgiastici delle cortigiani né storie di estremo coraggio, come quella di Megilla, «donna con la mente e i desideri di un uomo», identità fluida che rivendica il suo corpo obliquo e il suo amore sfacciato: «dammi una possibilità e presto scoprirai che sono brava come un uomo. Ho un gingillo che somiglia all’aggeggio degli uomini».
300.000 baci, di Luke Edward Hall e Séan Hewitt, in libreria dal 5 ottobre, cattura l’energia queer del mondo antico e la porta sino a noi.
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