«Non sono un uomo. Non sono una donna. Non sono eterosessuale. Non sono omosessuale. Non sono nemmeno bisessuale. Sono un dissidente del sistema sesso-genere. Sono la molteplicità del cosmo racchiusa in un regime epistemologico e politico binario che grida di fronte a voi.»
Così parla di sé Paul B. Preciado, filosofo tra i più arguti del nostro tempo e sedizioso teorico del genere. Sceglie queste parole per definirsi senza definirsi mai fino in fondo. D’altronde Preciado abita oltre il cronotopo, oltre il nostro spazio-tempo, vive sempre altrove, in un altrove che è un pianeta irraggiungibile, un satellite interstiziale dove ogni identità è una molteplicità, dove ogni corpo è un dispositivo tecnologico che incrina i sistemi costituiti ed esiste oltre le standardizzazioni.
Paul B. Preciado nasce a Burgos, nel nord della Spagna. Nasce e cresce abitando il corpo e il nome di una donna. Quella donna della quale conserva ancora oggi l’iniziale. Una lettera che funge da scarto identitario, residuo linguistico e ultima gomena, ultimo attracco a una sponda abitata e poi abbandonata. Di Preciado dissero – e cito – che era una donna lesbica, poi, dopo le iniezioni di Testex prolongatum, che era un uomo trans e ancora un’identità scivolosa, pericolosa, un prodigio e un mostro.
Preciado è stato ed è tutto questo e niente di tutto ciò, perché sul suo corpo obliquo e incendiario ogni categorizzazione scivola o si corrode. Sono vetuste le nostre categorie di pensiero, sono antiche, ancestrali e patologiche, perché ci rinsaccano in un passato oscuro, verso un tempo di tenebra in cui ogni corpo era il risultato forzato di un’operazione matematica binaria. Un passato lontano, eppure vicinissimo, che influenza e stordisce il presente, richiamandolo a sé grazie alla eco mortifera della sintesi. Categorizziamo tutto e sintetizziamo il reale, cercando di semplificarne i corpi e le identità. Mossi dalle tendenze tipiche della gestualità eterocapitalista, mandiamo al macello la carne e la psiche di chi non si fa prendere.
Nel buio della nostra contemporaneità, Preciado è un faro – non una luce limpida, ma un fanale psichedelico – e un eccellente pensatore, capace di spostare i termini del dibattito sempre più in là, oltre le sponde di questa terra, fino a Urano e anche più su. Preciado spinge chiunque legga i suoi testi a porsi delle domande per partorirsi nel mondo, per costruirsi e sapersi collocare. Sono testi complessi e affastellati, i suoi, coagulati di un pensiero arricciato e densissimo che chiama al centro riferimenti culturali diversi. Testi alchemici che mescolano e si rimescolano per dar vita a un mondo nuovo, dove ogni corpo è il punto di incontro tra natura e artificio, tra epidermide e algoritmo. Dove è possibile vivere oltre il binarismo, dunque vivere a pieno, vivere all’incrocio, che è «l’unico posto che esiste». Stiamo tutti all’incrocio e da qui dovremmo ascoltare Paul B. Preciado, il pensatore che più di tutti ci costringe a riflettere sulla nostra contemporaneità, spingendoci a fare lo sforzo titanico di provare a comprenderla, senza cedere alle lusinghe del pensiero ipertrofico che ci vuole piegati ai dettami di un sistema tossico e ingabbiante. Se c’è un motivo – ma ce n’è più d’uno – per leggere Preciado, allora dobbiamo dire che leggere Preciado è un’esperienza decolonizzante e depatriarcalizzante. Un esercizio intenso di liberazione e libertà.
Foto di copertina: Photo: Marie Rouge per Art Review
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